Discriminazione handicap, Corte d’Appello di Napoli, Sentenza del 13 settembre 2018

LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

SEZIONE CONTROVERSIE  DI LAVORO E DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n.1155 /2018  r. g. sezione  lavoro, vertente

TRA

XXXXX ,elett.te dom.to in Napoli alla via Posillipo n.66/21 presso lo studio degli Avv.ti Luciana

Rossi e Stefano Esposito e rappresentato e difeso dagli Avv.ti Carmine Lombardi    giusta procura in atti

 

Appellante

E

Azienda ospedaliera “G. Rummo”, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’ Avv.to Alessandro Biamonte e con lo stesso elett.te dom.ta in Napoli al e.so Umberto I n.35

Nonché

XXXXX e XXXXX

Appellate

FATTO E DIRITTO

Con la ordinanza n.8503 del 30.4.18, il Tribunale di Benevento respingeva il ricorso ex art.702 bis c.p.c. e art.28 D.lgs 150/11 proposto da XXXX nei confronti dell’Azienda ospedaliera “G.Rummo”   e   delle controinteressate XXXX e XXXX, queste ultime parti nel presente giudizio, pur non essendo state indicate nel dispositivo, che va pertanto integrato in tal senso.

Il     lamentava   che,   pur   essendo   risultato   vincitore   del   concorso   per   tre  posti  di collaboratore amministrativo cat.D  riservato  esclusivamente  agli  iscritti  all’elenco  dei  disabili ex art.8 legge 68/99, concorso bandito dall’ A.O. con delibera n.1190/06 e successiva delibera n.196/17, non era stato immesso in servizio perché non più in possesso del requisito della disoccupazione alla data dell’ assunzione. Deduceva che tale comportamento costituiva discriminazione diretta dei disabili tenuto conto del fatto che nei concorsi relativi a soggetti non disabili  la  sussistenza  dello  stato  di  disoccupazione  al  momento  dell’assunzione non   veniva richiesto e che in altri analoghi concorsi riservati ai disabili tale requisito non era appunto previsto.

Il primo  Giudice  respingeva  la domanda  sul  presupposto  che  alcuna discriminazione  potesse ravvisarsi nel comportamento  dell’azienda ospedaliera che,  attenendosi  alla normativa di legge a tutela dei disabili, aveva richiesto l’ iscrizione negli elenchi di cui all’ art.8 legge 68/99 anche  in sede di assunzione.

Avverso questa pronuncia ha proposto tempestivo gravame deducendone  l’erroneità per aver il Tribunale tratto conclusioni errate dalla interpretazione ed applicazione dell’art.28 comma 4 legge 150/11 nonché per travisamento dei fatti di causa e per errata applicazione dei principi validi in materia di vincitore di concorso, nonché per omessa decisione sulla domanda risarcitoria avanzata da esso istante

Instaurato il contraddittorio, l’Azienda ospedaliera si è costituita in giudizio ed ha resistito all’appello, assumendone  l’infondatezza in fatto ed in diritto.

Benchè  ritualmente  citate,  non  si  sono  costituite le controinteressate XXXX  e   che XXX sono rimaste pertanto contumaci

L’ art. 28 d.lgs. n. 150/2011, con la tecnica del richiamo ad altre fonti normative, ha stabilito l’ambito di operatività della speciale disciplina chiarendo che la stessa (e la regola del rito sommario di cognizione) è applicabile alle controversie in materia di discriminazione di cui all’art. 44 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico sull’immigrazione), a quelle di cui all’art.  4 del d.lgs. 9 luglio 2003, n. 215 (attuazione della direttiva 2000/43/CK per la parità di  trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica), a quelle di cui all’art. 4 del digs. 9 luglio 2003, n. 216 (attuazione della direttiva 2000/78/Cl per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro), a quelle di cui all’art. 3 della I . 1° marzo 2006, n. 67 (misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), e a quelle di cui all’art. 55 quinquies del d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 (discriminazioniper ragioni di sesso nell’accesso  a beni e servizi e loro  fornitura).

Il medesimo d.lgs. n. 150/2011, in sede di disposizioni finali di cui al capo V, ha ribadito (art . 34, co. 34) che i giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti di cui al sopra indicato art. 4 del d.lgs. n. 216/2003 sono regolati dall’art . 28.

Quanto al rito, il procedimento, come si è detto, è regolato dalle forme degli art. 702 bis e ss. c.p.c., con le variazioni dettate dalle norme generali di cui agli art. 3, 4 e 5 d.lgs. n. 150/2011 e da quelle speciali contenute proprio nell’art.  28.

La specialità della disciplina prevista dall’art. 28 contro gli atti e i comportamenti  discriminatori, anche in ambito di occupazione e lavoro trova il suo fondamento nelle preminenti esigenze di tutela degli interessi in gioco. Devono, infatti, essere valutate le finalità perseguite dal legislatore nel dettare norme speciali e quella antidiscriminatoria, nel nostro sistema di valori, essendo finalizzata ad una piena realizzazione del fondamentale principio di uguaglianza deve essere considerata  preminente  (Cass. n.3936/17).

Il Legislatore ha inteso dare piena attuazione al principio di pari dignità dei cittadini promuovendo la parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali . La legge 67/06 all’art.2, invero, fissa il divieto    assoluto di porre in essere condotte discriminatorie , sia esse dirette che indirette, in pregiudizio delle persone affette da disabilità.

Parte appellante contesta l’impugnata sentenza nella parte in cui è stato ritenuto non discriminatorio ma frutto di una diversa interpretazione normativa la circostanza che altre aziende ospedaliere non avessero richiesto il requisito della disoccupazione anche all’atto dell’assunzione. In particolare ci si duole dell’omessa valutazione dei dati statistici acquisiti con alterazione degli elementi qualificanti l’azione intrapresa.

Il …. invero ha prodotto agli atti innumerevoli  bandi di concorso  del  comparto sanità interamente riservati ai disabili nei quali non è stato richiesto il requisito della disoccupazione all’atto dell’ assunzione.

Ebbene con suddetta documentazione parte istante ha adempiuto all’ onere probatorio della discriminazione , posto che, a mente dell’ art.28 citato, per assolvere tale onere è sufficiente che il ricorrente fornisca elementi di fatto desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l’ esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori.

Una volta adempiuto tale onere probatorio, spetta poi al convenuto dimostrare, con una inversione dell’ onere della prova, che nella situazione concreta nessuna violazione del principio di parità di trattamento si sia verificata dimostrando con qualsiasi mezzo che il trattamento che è stato riservato al disabile è giustificato da fattori oggettivi ed estranei a qualsivoglia discriminazione fondata sulla disabilità .

Non corretta, pertanto, appare la decisione impugnata, posto che, a fronte dell’ ampia acquisizione di dati statistici comprovanti una discriminazione, l’azienda ospedaliera nulla ha provato al fine di dimostrare in concreto l’insussistenza della discriminazione dell’invalido vincitore di concorso in relazione alla persona normodotata in analoga situazione.

L’ azienda si è limitata ad escludere la discriminazione sulla scorta di una interpretazione della normativa ma giammai ha fornito in fatto, cosa che avrebbe dovuto fare, dimostrazione dell’inesistenza  della  dedotta discriminazione.

Questa impostazione è stata poi recepita anche dal Tribunale, il quale, procedendo ad una interpretazione degli elementi statistici non contestati, è pervenuto ad una ricostruzione autonoma in modo difforme da quello risultante dagli stessi dati. In sostanza, il Giudice ha ritenuti i bandi come documenti frutto di una particolare interpretazione normativa laddove avrebbe dovuto valutare il fatto della inesistenza della disoccupazione all ‘ atto di assunzione, come indicato nei bandi prodotti agli atti, elementi di fatto dai quali evincere la discriminazione rispetto al bando che disciplinava il concorso dell’azienda ospedaliera convenuta che, invece, richiedeva detto requisito.

In assenza di una prova contraria, al Giudice, poi, a mente del ricordato art.28, non spettava altro che dichiarare discriminatoria la condotta dell’Azienda ospedaliera che ha negato l’assunzione del …  per mancanza del requisito della disoccupazione anche al momento dell’assunzione .

In proposito appare superfluo soffermarsi diffusamente sulla portata innovativa della legge n. 68/99, che in tema di diritto al lavoro dei disabili, ha apportato radicali mutamenti al previgente sistema della legge n. 482/1968. Tra le novità più importanti si registra la riduzione delle categorie protette, le quali vengono circoscritte alle sole persone inabili, come individuate dall’art. 1, e la riduzione delle aliquote di riserva, come indicate all’ art. 3 del testo vigente

Per assicurare a tali categorie il diritto al lavoro, viene introdotto un nuovo sistema di  “collocamento mirato”, come definito dall’art. 2: un collocamento, cioè, che vale a favorire adeguatamente le attitudini delle persone affette da condizioni di disabilità , valutandole nelle loro capacità   lavorative  e consentendo  di inserirle nel posto più adatto.

Il sostegno ai disabili viene assicurato nelle forme e nelle quantità previste dall’ art. 3 (“Assunzioni         obbligatorie” e “Quote di riserva”), a norma del quale i datori di  lavoro, pubblici e privati, sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie dei

disabili .

La disciplina individua quindi la cd. quota di obbligo, in relazione all’ organico complessivo.

Il capo III della legge ( Avviamento al lavoro) si apre con l’articolo 7 intitolato “Modalità delle assunzioni obbligatorie” , nell’ambito del quale si distingue un primo comma che disciplina la chiamata diretta per i datori di lavoro privati, ed un secondo comma che detta disposizioni per i datori di lavoro pubblici , richiamando in linea generale anche per questi ultimi il meccanismo della chiamata diretta ( numerica o nominativa). L’ ultimo capoverso del comma 2 introduce infine le  controverse disposizioni in tema di applicazione della riserva  nei pubblici  concorsi.

Osserva in proposito il Collegio che la legge n. 68, pur profondamente innovativa rispetto al passato, ha dunque confermato il principio del doppio meccanismo di tutela dei disabili  aspiranti al lavoro: quello dell’assunzione obbligatoria diretta e quello della riserva dei posti nei procedimenti concorsuali per la copertura di posti disponibili nelle piante organiche delle Pubbliche Amministrazioni.

A fronte delle disposizioni della prima parte ,che hanno riguardo al sistema generale della chiamata diretta, numerica o nominativa che, sia, il legislatore è stato mosso dal chiaro intento di dettare una disciplina a sé per le assunzioni concorsuali; e tale disciplina si ritrova nel combinato disposto dell’art. 16 comma 2 e dell’articolo 7 comma 2 ultimo cpv. della nuova legge, che realizzano una significativa innovazione rispetto al sistema vigente nella legge 482/1968 ed in particolare al sistema dell’art. 12 per i pubblici concorsi, ove il beneficio era attribuito ai soli disoccupati.

L’articolo 7 comma 2 ultimo periodo, contiene l’enunciazione del principio generale delle modalità di attuazione della tutela del disabile nelle procedure concorsuali, con una  disposizione che riecheggia l’articolo 5 comma  I del DPR 487/I 994 ( regolamento per i concorsi della pubbliche amministrazioni): la norma afferma il principio che, per le categorie  per la cui assunzione è disposto il possesso di titolo di studio superiore a quello di scuola dell’obbligo, nella procedura concorsuale ( in cui ex ante occorre rispettare la par condicio tra i concorrenti) la tutela del disabile può attuarsi solo a posteriori con il meccanismo delle riserve  di posti ( nei limiti del 50% dei posti messi a concorso e comunque non oltre la quota di obbligo). Costituisce invece norma speciale la successiva disposizione che operativamente disciplina il concorso nelle pubbliche amministrazioni ( l’articolo 16 ), la cui rubrica è intitolata appunto  in tal senso, e che ai fini  della applicazione  del beneficio  della riserva  rendeva irrilevante, nella versione vigente prima del 2014, la sussistenza dello stato di disoccupazione   al momento della domanda.

Da ciò deriva la differente portata dell’articolo 7 comma 2 e dell’articolo 16 comma 2 della legge, perché l’ articolo 7 delinea il meccanismo astratto con cui la riserva si applica alle · procedure concorsuali, e l’art. 16 delinea con carattere di specialità il concreto modo operativo della riserva: l’art. 16 della legge n. 68, dettaglia infatti il beneficio, rendendone destinatari   i disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici.

Questi possono essere assunti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 3, (anche se non versino in stato di disoccupazione)   oltre il limite dei posti ad essi riservati nel  concorso.

L’ articolo 16 si occupa delle quote di obbligo, oltre che della quota di riserva, consentendo di assumere gli idonei oltre il limite dei posti riservati nel concorso, e fino al completamento della quota d’obbligo ( tale è il senso del riferimento all’ articolo 3 ).Ma la norma va oltre, e sancisce che dallo status di disoccupato si può prescindere comunque in caso di concorsi,  perché soccorre una ratio diversa di tutela del disabile che già si è rivelato idoneo nella procedura concorsuale.

Successivamente, però, l’art.25 comma 9 bis d.l. 24.6.14 ha abrogato l’inciso “anche se non versino in dato di disoccupazione” dell’art.16.

Si è detto che ammettere il beneficio della riserva dei posti in favore dei disabili a prescindere, dal loro stato di disoccupazione al momento dell’assunzione, sarebbe come snaturare lo spirito della legge n. 68 del 1999, il cui fine è quello di collocare i disabili nel mondo del lavoro.

Deve replicarsi a tale argomentazione che la finalità del primo inserimento nel mondo del  lavoro vale per le procedure non concorsuali, mentre per il sistema del concorso la legge ha espressamente introdotto un diverso meccanismo, in cui la tutela è posticipata, proprio in quanto il disabile, concorrendo alla pari di altri soggetti, ha superato un ostacolo nel mondo  del lavoro  senza attendere il beneficio cd. assistenziale della chiamata diretta.

L’ampliamento  della tutela fornita al disabile coincide con la ratio ispiratrice della intera  legge

che è quella di favorire il collocamento mirato, ossia realizzato non con il conferimento di una qualsiasi occupazione ,ma di una occupazione conforme alle sue aspirazioni e capacità; di qui il corollario che nel concorso pubblico la ratio del collocamento mirato, può realizzarsi solo mediante la operatività del meccanismo della riserva anche a favore del disabile occupato,  atteso che il beneficio non è attribuito attraverso l’ intervento dell’ organismo del lavoro,  con l’ iscrizione negli elenchi e l’avviamento al lavoro, ma per effetto della iniziativa dello stesso lavoratore nel momento in cui decide di sottoporsi alla procedura concorsuale ( ex ante in condizioni di parità con i soggetti non svantaggiati) e di aspirare ad una determinata  qualifica.

Invero, a ragionare diversamente, si realizzerebbe una discriminazione non giustificata tra disabili, in quanto fondata su un elemento del tutto occasionale, per cui chi era disoccupato al momento della domanda, ma non lo risulti più al momento della assunzione, non gode della tutela di legge ( fattispecie plausibile dato il protrarsi delle procedure  concorsuali).

Tra l’ altro, sono proprio i principi costituzionali e in particolare l’art. 38 che al comma 3 sancisce il diritto degli inabili e dei minorati all’educazione e all’avviamento al lavoro , ad imporre invece, la diversa ricostruzione qui proposta (si legga pure l’enunciazione contenuta  nel I O comma dell’art. 1 della legge 68/99: “La presente legge ha come finalità la promozione dell ‘ inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”); non è possibile, infatti, a parere del Collegio , subordinare l’effettività di tale diritto  ad  una  circostanza  esterna,  quale  l’iscrizione  o meno dell’invalido  negli elenchi dei disoccupati, al momento della  assunzione.

L’art. 1 della legge n. 68 del 1999 indica come la finalità della legge non è solo quella di garantire l’inserimento  ma anche la piena integrazione del disabile nel mondo del lavoro.

Di qui il senso della riforma, la quale, intitolata “norme sul diritto al lavoro dei disabili”, quasi  a sottolineare finalità di protezione più ampie e comprensive rispetto a quelle incentrate sulla garanzia dell’assunzione obbligatoria, mira a garantire non un inserimento quale che sia al disabile, ma un inserimento che possa essere conforme alle sue aspirazioni  e capacità lavorative. Ne consegue la possibilità che il beneficio sia accordato anche al disabile che già occupato, intende progredire in carriera, ovvero trovare una occupazione più confacente alle proprie attitudini e capacità lavorative.

Il diritto alla piena occupazione è elemento caratterizzante la nostra forma di Stato, tanto da essere inserito fra i principi fondamentali della Costituzione, ma anche il pieno sviluppo della persona umana è un principio fondamentale (art. 3 Cost.) ed esso ben potrebbe richiamarsi  a fondamento di una legislazione protettiva del disabile nel corso del rapporto di lavoro e non solo all’atto del suo inserimento nel mondo del   lavoro.

Alla luce delle considerazioni sin qui esposte va, pertanto, dichiarata discriminatoria la condotta dell’Azienda ospedaliera che ha negato l’assunzione quale collaboratore amministrativo cat.D di vincitore del concorso pubblico per titoli ed esami, con ordine alla stessa di rimuovere ogni atto pregiudizievole.

Quanto alla richiesta di risarcimento danni, il danno, anche in caso di lesione di valori della persona, non può considerarsi in re ipsa, in quanto ne risulterebbe snaturata la funzione del risarcimento che verrebbe ad essere concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno bensì quale pena privata per un comportamento lesivo (così Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26974; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26975), ma va provato dal danneggiato secondo la regola generale ex art. 2697 e.e..

 

A tale stregua, anche il danno non patrimoniale va dunque sempre allegato e provato, in quanto l’onere della prova non dipende invero dalla relativa qualificazione in termini di “danno-conseguenza”, tutti i danni extracontrattuali dovendo essere provati da chi ne pretende il risarcimento, e pertanto anche il danno non patrimoniale nei suoi vari aspetti, e la prova può essere data con ogni mezzo (Cass. n.10527/11)

Nel caso di specie il ricorrente ha rivendicato un risarcimento per danno per lesione di valori costituzionali della persona lesi dal comportamento discriminatorio dell’azienda limitandosi ad affermare che il danno risarcibile scaturisse automaticamente da questo solo fatt o.

 

Alcun danno può essere liquidato senza la prova stringente della sua esistenza, non potendosi ritenere ipotizzabile la sussistenza di qualsivoglia danno in re ipsa.

Va, invero, considerato che, qualora lo stesso lavoratore abbia subito un effettivo danno alla salute, id est al bene della integrità psicofisica per effetto delle peculiari modalità con le quali è stata resa la prestazione lavorativa, è tenuto ad allegarlo ed a provarlo secondo i criteri dettati dal giudice di legittimità a Sezioni Unite a partire dalla sentenza n. 26972 dell’ll/11/2008:  “il  danno  non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona,  costituisce

danno-conseguenza che deve essere allegato e provato”.

Deve, dunque, essere indicata la concreta lesione del bene protetto e, cioè, la “conseguenza” in senso lato sofferta ed anche i riflessi che questa spiega sulla vita quotidiana del preteso danneggiato.

Dalle sopraesposte premesse discende, sotto il profilo dell’onere probatorio, che al lavoratore discriminato spetta comunque di provare gli elementi costitutivi delle fattispecie risarcitorie.

In assenza di qualsiasi allegazione in proposito, la domanda di risarcimento del danno non può che essere respinta.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte così provvede: Accoglie l’appello per quanto di ragione  e dichiara illegittima  l’esclusione  all ‘ assunzione di   quale vincitore  del concorso  pubblico  per titoli ed esami per  due collaboratori amministrativi cat.D ex legge 68/99 ordinando la rimo zione di ogni atto discriminatorio pregiudizievole .La Corte così provvede: Accoglie l’appello per quanto di ragione  e dichiara illegittima  l’esclusione  all ‘ assunzione di                quale vincitore  del concorso  pubblico  per titoli ed esami per  due

Condanna parte convenuta al pagamento delle spese del doppio grado, liquidate in euro 3600 per il primo ed euro 4000 per il presente, oltre Iva e Cpa, se dovuti

 

Napoli 13-9-2018