Discriminazione lavoratori a tempo determinato, determinazione anzianità di servizio, Corte di giustizia dell’Unione Europea Sesta Sezione Sentenza 20 settembre 2018
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Settore pubblico – Docenti di scuola secondaria – Assunzione come dipendenti pubblici di ruolo di lavoratori con contratto a tempo determinato per mezzo di una procedura di selezione per titoli – Determinazione dell’anzianità di servizio – Computo parziale dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato».
Nella causa C-466/17, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Trento (Italia), con ordinanza del 18 luglio 2017, pervenuta in cancelleria il 3 agosto 2017, nel procedimento Chiara Motter contro Provincia autonoma di Trento.
[…]
- La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).
- Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra C M e la Provincia autonoma di Trento (Italia), relativa al calcolo dell’anzianità di servizio della sig.ra M al momento della conclusione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato con il suddetto ente.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
- Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, l’obiettivo di quest’ultimo è, da un lato, migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione e, dall’altro, creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato.
- La clausola 2 dell’accordo quadro dispone quanto segue:
«1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.
- Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:
- a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;
- b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici».
- La clausola 3 dell’accordo quadro così recita:
«1. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.
- Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».
- Ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro:
«1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
- Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.
- Le disposizioni per l’applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali.
- I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».
Diritto italiano
- L’articolo 485, paragrafo 1, del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, «Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado» (supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19 maggio 1994), prevede quanto segue:
«Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
- Nel corso del 2003 la sig.ra M è stata assunta dalla Provincia autonoma di Trento con un contratto a tempo determinato come docente di scuola secondaria per l’anno scolastico 2003/2004. Essa ha poi proseguito tale attività ininterrottamente, per mezzo di altri sette contratti consecutivi, ciascuno di durata determinata corrispondente a quella dell’anno scolastico.
- Dal 1° settembre 2011 la sig.ra M ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il 1° settembre 2012 essa è stata immessa in ruolo.
- L’8 settembre 2014 la Provincia autonoma di Trento ha proceduto alla ricostruzione della carriera dell’interessata ai fini del suo inquadramento nella pertinente fascia retributiva ai sensi di una normativa applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2012. Conformemente all’articolo 485, paragrafo 1, del decreto legislativo n. 297, del 16 aprile 1994, alla sig.ra M è stata a tal fine riconosciuta un’anzianità di 80 mesi sui 96 mesi effettivamente prestati. I primi quattro anni sono stati computati per intero, i quattro successivi limitatamente ai due terzi, vale a dire 32 mesi su 48. Essa è stata inquadrata nella prima fascia.
- Il 2 dicembre 2016 la sig.ra M ha presentato un ricorso dinanzi al Tribunale di Trento (Italia), al fine di ottenere che la Provincia autonoma di Trento computasse l’intera anzianità da essa maturata anteriormente alla conclusione del contratto a tempo indeterminato per l’esercizio delle stesse funzioni, a titolo degli otto contratti a tempo determinato conclusi in successione per gli anni scolastici dal 2003/2004 al 2010/2011.
- A sostegno del suo ricorso, essa deduce la violazione della clausola 4 dell’accordo quadro e chiede che l’articolo 485 del decreto legislativo n. 297, del 16 aprile 1994, sia disapplicato nella parte in cui prevede che i servizi prestati in base ad un contratto di lavoro a tempo determinato siano computati integralmente soltanto relativamente ai primi quattro anni e, oltre tale limite, solo fino a concorrenza dei due terzi.
- Il giudice del rinvio ritiene che, ai fini dell’applicazione del principio di non discriminazione previsto dalla clausola 4 dell’accordo quadro, occorra verificare che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso. Al fine di procedere a tale verifica, la situazione della sig.ra M potrebbe essere paragonata a quella di un docente che eserciti un’attività simile, il quale, dopo essere stato assunto tramite concorso per un periodo di tempo indeterminato, abbia maturato la stessa anzianità della sig.ra M.
- A tale riguardo, la sig.ra M ha dimostrato, senza essere contraddetta sul punto dalla parte avversaria, che essa svolgeva mansioni identiche a quelle dei docenti assunti mediante concorso sulla base di contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, il giudice del rinvio si chiede se sussista una differenza tra queste due situazioni. Poiché i docenti di ruolo hanno superato un concorso, si potrebbe sostenere che le loro prestazioni sono di qualità superiore rispetto a quelle dei docenti a tempo determinato. Se così fosse, non vi sarebbe ragione di attenersi alla statuizione contenuta al punto 45 della sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a. (da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646), con cui la Corte ha rifiutato di considerare che la situazione di lavoratori che svolgono identiche mansioni sia diversa a seconda del fatto che essi abbiano superato o meno un concorso per l’accesso alla pubblica amministrazione.
- Il giudice del rinvio fa osservare che la giurisprudenza italiana non appare concorde su tale punto. La Corte suprema di cassazione (Italia) ha infatti statuito che, nel settore scolastico, la clausola 4 dell’accordo quadro impone di riconoscere ai docenti l’anzianità di servizio maturata con contratti a tempo determinato, ai fini di garantire la loro parità di trattamento rispetto ai docenti con contratti a tempo indeterminato. Per contro, diversi giudici di grado inferiore avrebbero adottato la soluzione opposta.
- Tenuto conto di tali elementi, il giudice del rinvio si chiede se il fatto di non aver superato un concorso per l’accesso alla pubblica amministrazione possa giustificare una differenza di trattamento a sfavore dei lavoratori a tempo determinato.
- Il giudice del rinvio indica peraltro che la Corte, nella sua sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a. (da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punti 23, 55 e 62), ha statuito che il computo integrale dell’anzianità maturata in virtù di contratti a tempo determinato a beneficio dei lavoratori immessi in ruolo nella pubblica amministrazione potrebbe dar luogo a una discriminazione alla rovescia a danno dei vincitori di concorso assunti a tempo indeterminato.
- Tali elementi inducono il giudice del rinvio a chiedersi se la normativa italiana, prevedendo all’articolo 485 del decreto legislativo n. 297, del 16 aprile 1994, una formula degressiva di computo dell’anzianità maturata a titolo di contratti a tempo determinato al fine di evitare una discriminazione alla rovescia nei confronti dei vincitori di concorso della pubblica amministrazione, sia compatibile con la clausola 4 dell’accordo quadro.
- Date tali circostanze, il Tribunale di Trento (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, ai fini dell’applicazione del principio di non discriminazione ex clausola 4 dell’accordo quadro, la circostanza riguardante l’iniziale verifica oggettiva della professionalità, mediante concorso pubblico, con esito positivo, costituisca un fattore riconducibile alle condizioni di formazione, di cui il giudice nazionale deve tener conto al fine di stabilire se sussista la comparabilità tra la situazione del lavoratore a tempo indeterminato e quella del lavoratore a tempo determinato, nonché al fine di accertare se ricorra una ragione oggettiva idonea a giustificare un diverso trattamento tra lavoratore a tempo indeterminato e lavoratore a tempo determinato;
2) se il principio di non discriminazione ex clausola 4 dell’accordo quadro osti a una norma interna, quale quella dettata dall’articolo 485, comma 1, del decreto legislativo n. 297, del 16 aprile 1994, la quale dispone che, ai fini della determinazione dell’anzianità di servizio al momento dell’immissione in ruolo con contratto a tempo indeterminato, fino a quattro anni il computo dei servizi svolti a tempo determinato si effettua per intero, mentre per quelli ulteriori si riduce di un terzo a fini giuridici e di due terzi a fini economici, in ragione della mancanza, ai fini dello svolgimento di lavoro a tempo determinato, di un’iniziale verifica oggettiva della professionalità, mediante concorso pubblico, con esito positivo;
3) se il principio di non discriminazione ex clausola 4 dell’accordo quadro osti a una norma interna, quale quella dettata dall’articolo 485, comma 1, del decreto legislativo n. 297, del 16 aprile 1994, la quale dispone che ai fini della determinazione dell’anzianità di servizio al momento dell’immissione in ruolo con contratto a tempo indeterminato, fino a quattro anni il computo dei servizi svolti a tempo determinato si effettua per intero, mentre per quelli ulteriori si riduce di un terzo a fini giuridici e di due terzi a fini economici, in ragione dell’obiettivo di evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico».
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
- Il governo italiano sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile a causa della sua mancanza di precisione. Dal momento che il giudice del rinvio non ha delineato i fatti in modo adeguato e sufficientemente preciso, non sarebbe possibile valutare la comparabilità della situazione della ricorrente nel procedimento principale con quella di dipendenti pubblici collocati in una posizione paragonabile e rispondere alle questioni pregiudiziali.
- A tale riguardo, occorre ricordare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C-182/15, EU:C:2016:630, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata).
- Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto normativo e fattuale che egli definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in maniera manifesta che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 26 luglio 2017, Persidera, C-112/16, EU:C:2017:597, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).
- Orbene, nella presente causa, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene una descrizione degli elementi di diritto e di fatto all’origine della controversia di cui al procedimento principale sufficiente per consentire alla Corte di fornire una risposta utile alle questioni sollevate. Tali questioni, che vertono sull’interpretazione della clausola 4 dell’accordo quadro, si inseriscono in una controversia riguardante le condizioni alle quali vengono computati i periodi di anzianità maturati da lavoratori a tempo determinato ai fini del loro inquadramento nella pertinente fascia retributiva al momento della loro assunzione come dipendenti pubblici. Esse presentano quindi un rapporto diretto con l’oggetto del procedimento principale e non sono di natura ipotetica. Del resto, sia la sig.ra Motter sia la Provincia autonoma di Trento, nonché il governo italiano e la Commissione europea, sono stati in grado di presentare le proprie osservazioni sulle questioni poste dal giudice del rinvio.
- Da quanto precede risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Sulle questioni pregiudiziali
- Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale, ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi.
- Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro vieta che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato siano trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. Il punto 4 di tale clausola enuncia il medesimo divieto per quanto riguarda i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 39). Inoltre, la Corte ha già dichiarato che le norme relative ai periodi di servizio necessari per poter essere classificato in una categoria retributiva rientrano nella nozione di «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro (sentenza dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C-177/10, EU:C:2011:557, punti 46 e 47).
- Dalle informazioni fornite alla Corte nell’ambito della presente causa risulta che, a differenza dei docenti a tempo indeterminato assunti mediante concorso, i docenti a tempo determinato immessi in ruolo in base ad una selezione per titoli possono, ai fini del loro inquadramento in una categoria retributiva, vedersi integralmente riconosciuta la loro anzianità di servizio solo per i primi quattro anni di servizio, mentre per gli anni successivi si tiene conto di tale anzianità soltanto nella misura dei due terzi. L’applicazione delle norme nazionali in questione ha quindi avuto come risultato che l’amministrazione ha tenuto conto soltanto di 80 mesi sui 96 effettivamente prestati dalla ricorrente nel procedimento principale in virtù di contratti a tempo determinato, vale a dire circa l’83% dell’anzianità di servizio da essa maturata.
- Orbene, come risulta dalla formulazione letterale stessa della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, la parità di trattamento si applica solo tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato comparabili. Pertanto, per valutare se tale differenza di trattamento costituisca una discriminazione vietata da detta clausola, occorre esaminare in un primo tempo la comparabilità delle situazioni in esame e poi, in un secondo tempo, l’esistenza di un’eventuale giustificazione oggettiva.
Sulla comparabilità delle situazioni in esame
- Al fine di valutare se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile, ai sensi dell’accordo quadro, occorre, conformemente alla clausola 3, punto 2, e alla clausola 4, punto 1, di quest’ultimo, valutare se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali persone si trovino in una situazione comparabile (sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C-677/16, EU:C:2018:393, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).
- La natura delle mansioni svolte dalla ricorrente nel procedimento principale durante gli anni in cui ha lavorato come docente nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato e la qualità dell’esperienza che essa ha acquisito a tale titolo fanno parte dei criteri che permettono di stabilire se essa si trovi in una situazione comparabile a quella di un dipendente pubblico assunto tramite concorso e che abbia maturato la stessa anzianità (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 44).
- Nel caso di specie, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che le mansioni svolte dalla ricorrente nel procedimento principale durante gli anni in cui ha lavorato nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato erano identiche a quelle che le sono state affidate in qualità di dipendente pubblico di ruolo.
- Consta tuttavia che la ricorrente nel procedimento principale non ha vinto un concorso generale per l’accesso alla pubblica amministrazione. Il giudice del rinvio si chiede se una simile circostanza oggettiva implichi minori competenze professionali, tali da tradursi, in particolare durante i periodi iniziali di insegnamento, in una qualità delle prestazioni fornite inferiore rispetto a quella dei dipendenti pubblici di ruolo selezionati mediante un concorso.
- Si deve tuttavia considerare che il fatto di non aver vinto un concorso amministrativo non può implicare che la ricorrente nel procedimento principale, al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, non si trovasse in una situazione comparabile a quella di dipendenti pubblici di ruolo, dato che i requisiti stabiliti dalla procedura nazionale di assunzione per titoli mirano appunto a consentire l’immissione in ruolo nella pubblica amministrazione di lavoratori a tempo determinato con un’esperienza professionale che permette di ritenere che la loro situazione possa essere assimilata a quella dei dipendenti pubblici di ruolo (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 45).
- Peraltro, l’ipotesi secondo cui la qualità delle prestazioni dei docenti neo-assunti a tempo determinato sarebbe inferiore a quella dei vincitori di concorso non appare conciliabile con la scelta del legislatore nazionale di riconoscere integralmente l’anzianità maturata nei primi quattro anni di esercizio dell’attività professionale dei docenti a tempo determinato. Inoltre, una simile ipotesi, se risultasse verificata, comporterebbe da parte delle autorità nazionali l’organizzazione di concorsi sufficientemente frequenti al fine di provvedere alle esigenze di assunzione. Orbene, non sembra che ciò accada, dato che, dalle osservazioni presentate alla Corte dalla ricorrente nel procedimento principale, risulta che i concorsi di selezione sono organizzati solo sporadicamente, tenendo presente che gli ultimi hanno avuto luogo negli anni 1999, 2012 e 2016. Una situazione del genere, la cui verifica spetta al giudice del rinvio, sembra difficilmente compatibile con la tesi del governo italiano secondo cui le prestazioni dei docenti a tempo determinato sono inferiori rispetto a quelle dei docenti a tempo indeterminato assunti mediante concorso.
- Da tali elementi risulta che le situazioni in questione sono comparabili, fatte salve le verifiche di natura fattuale che spetta al giudice del rinvio effettuare. Occorre pertanto determinare se sussista una ragione oggettiva che giustifichi il mancato computo integrale dei periodi di servizio di durata superiore a quattro anni prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in sede di inquadramento nella rispettiva categoria retributiva dei dipendenti pubblici dell’insegnamento secondario assunti in base ai titoli.
Sulla sussistenza di una giustificazione oggettiva
- Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la nozione di «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro deve essere intesa nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con il fatto che tale differenza è prevista da una norma nazionale generale e astratta, quale una legge o un contratto collettivo (sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C-677/16, EU:C:2018:393, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata).
- Detta nozione richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui essa si inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. I suddetti elementi possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C-677/16, EU:C:2018:393, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).
- Il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme a tali requisiti e non può dunque configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato svuoterebbe di ogni sostanza gli obiettivi della direttiva 1999/70 nonché dell’accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 52).
- Così la Corte ha già statuito che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia prestato detti periodi di servizio in base a un contratto o a un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 71).
- Nel caso di specie, per giustificare la differenza di trattamento allegata nel procedimento principale, il governo italiano sostiene che la misura in esame in tale procedimento, contrariamente a quella in discussione nella causa decisa dalla sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a. (da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646), riconosce interamente la carriera pregressa dei lavoratori a tempo determinato al momento della loro assunzione come dipendenti pubblici di ruolo.
- È vero che la normativa nazionale in esame nel procedimento principale riconosce integralmente tale carriera. Tuttavia, essa non lo fa in modo uniforme, dal momento che l’anzianità maturata dopo i primi quattro anni è computata solo per i due terzi.
- A tale riguardo, il governo italiano spiega una siffatta limitazione con la necessità di rispecchiare il fatto che l’esperienza dei docenti a tempo determinato non può essere interamente comparata a quella dei loro colleghi che sono dipendenti pubblici di ruolo assunti tramite concorso. Contrariamente a questi ultimi, i docenti a tempo determinato sarebbero spesso chiamati ad effettuare prestazioni di sostituzione temporanea e a insegnare svariate materie. Inoltre, essi sarebbero soggetti a un sistema di computo del tempo effettuato che differisce da quello applicabile ai dipendenti pubblici di ruolo. Alla luce di tali differenze, sia da un punto di vista qualitativo sia da un punto di vista quantitativo, e al fine di evitare qualsiasi discriminazione alla rovescia a danno dei dipendenti pubblici assunti mediante concorso, il governo italiano ritiene giustificato applicare un coefficiente di riduzione al momento di computare l’anzianità di servizio maturata nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato.
- Occorre ricordare che gli Stati membri, in considerazione del margine di discrezionalità di cui dispongono per quanto riguarda l’organizzazione delle loro amministrazioni pubbliche, possono, in linea di principio, senza violare la direttiva 1999/70 o l’accordo quadro, stabilire le condizioni per l’accesso alla qualifica di dipendente pubblico di ruolo nonché le condizioni di impiego di siffatti dipendenti di ruolo, in particolare qualora costoro fossero in precedenza impiegati da dette amministrazioni nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 57).
- Tuttavia, nonostante tale margine di discrezionalità, l’applicazione dei criteri che gli Stati membri stabiliscono deve essere effettuata in modo trasparente e deve poter essere controllata al fine di impedire qualsiasi trattamento sfavorevole dei lavoratori a tempo determinato sulla sola base della durata dei contratti o dei rapporti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza professionale (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 59).
- Qualora un simile trattamento differenziato derivi dalla necessità di tener conto di esigenze oggettive attinenti all’impiego che deve essere ricoperto mediante la procedura di assunzione e che sono estranee alla durata determinata del rapporto di lavoro che intercorre tra il lavoratore e il suo datore di lavoro, detto trattamento può essere giustificato ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C-177/10, EU:C:2011:557, punto 79).
- A questo proposito, la Corte ha già riconosciuto che talune differenze di trattamento tra i dipendenti pubblici di ruolo assunti al termine di un concorso generale e quelli assunti dopo aver acquisito un’esperienza professionale sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato possono, in linea di principio, essere giustificate dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui i predetti devono assumere la responsabilità (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 60).
- Pertanto, gli obiettivi invocati dal governo italiano consistenti, da un lato, nel rispecchiare le differenze nell’attività lavorativa tra le due categorie di lavoratori in questione e, dall’altro, nell’evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia nei confronti dei dipendenti pubblici di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso generale, possono essere considerati come configuranti una «ragione oggettiva», ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro, nei limiti in cui essi rispondano a una reale necessità, siano idonei a conseguire l’obiettivo perseguito e siano necessari a tale fine (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 62).
- Fatte salve le verifiche rientranti nella competenza esclusiva del giudice del rinvio, si deve ammettere che gli obiettivi invocati dal governo italiano nel caso di specie possono essere legittimamente considerati rispondenti a una reale necessità.
- Risulta infatti dalle osservazioni di tale governo che la normativa nazionale di cui al procedimento principale mira, in parte, a rispecchiare le differenze tra l’esperienza acquisita dai docenti assunti mediante concorso e quella acquisita dai docenti assunti in base ai titoli, a motivo della diversità delle materie, delle condizioni e degli orari in cui questi ultimi devono intervenire, in particolare nell’ambito di incarichi di sostituzione di altri docenti. Il governo italiano sostiene che, a causa dell’eterogeneità di tali situazioni, le prestazioni fornite dai docenti a tempo determinato per un periodo di almeno 180 giorni in un anno, vale a dire circa due terzi di un anno scolastico, sono computate dalla normativa nazionale come annualità complete. Fatta salva la verifica di tali elementi da parte del giudice del rinvio, un siffatto obiettivo appare conforme al principio del «pro rata temporis» cui fa espressamente riferimento la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro.
- Inoltre, si deve constatare che la mancata verifica iniziale delle competenze mediante un concorso e il rischio di svalutazione di tale qualifica professionale non impone necessariamente di escludere una parte dell’anzianità maturata a titolo di contratti di lavoro a tempo determinato. Tuttavia, giustificazioni di questo genere possono, in determinate circostanze, essere considerate rispondenti a un obiettivo legittimo. A tale riguardo, occorre rilevare che dalle osservazioni del governo italiano risulta che l’ordinamento giuridico nazionale attribuisce una particolare rilevanza ai concorsi amministrativi. La Costituzione italiana, al fine di garantire l’imparzialità e l’efficacia dell’amministrazione, prevede infatti, al suo articolo 97, che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si acceda mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
- Alla luce di tali elementi, non si può ritenere che una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale consente di tener conto dell’anzianità eccedente i quattro anni maturata nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato solo nella misura dei due terzi, vada oltre quanto è necessario per conseguire gli obiettivi precedentemente esaminati e raggiungere un equilibrio tra i legittimi interessi dei lavoratori a tempo determinato e quelli dei lavoratori a tempo indeterminato, nel rispetto dei valori di meritocrazia e delle considerazioni di imparzialità e di efficacia dell’amministrazione su cui si basano le assunzioni mediante concorso.
- Ciò premesso, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, si deve rilevare che dagli elementi a disposizione della Corte emerge che il danno subito a causa della discriminazione allegata dalla ricorrente nel procedimento principale rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato sembra risultare dal fatto che la sua categoria retributiva non è stata determinata applicando le disposizioni nazionali vigenti alla data della sua assunzione a tempo indeterminato, il 1° settembre 2011, bensì applicando disposizioni successive vigenti alla data della decisione con la quale l’amministrazione ha proceduto alla ricostruzione della sua carriera, vale a dire l’8 settembre 2014. Sebbene, alla data della sua assunzione a tempo indeterminato, avesse maturato un’anzianità superiore a tre anni che consentiva di inquadrarla nella seconda fascia stipendiale allora in vigore, la ricorrente nel procedimento principale non ha beneficiato dell’applicazione delle disposizioni transitorie connesse alla modifica di tale fascia a decorrere dal 1° gennaio 2012, nonostante dette disposizioni transitorie fossero volte ad assicurare, ai lavoratori che in tale data rientravano nella seconda fascia, il mantenimento del relativo trattamento economico. Poiché la Corte non è stata chiamata a pronunciarsi su questo punto dal giudice del rinvio, spetta a quest’ultimo verificare, se del caso, se una siffatta applicazione retroattiva del nuovo inquadramento retributivo sia conforme ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.
- Ne consegue che, fatte salve le verifiche che spettano al giudice del rinvio, gli elementi invocati dal governo italiano per giustificare la differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato costituiscono una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro.
- Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale, ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi.
Sulle spese
- Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Sesta Sezione) dichiara:
La clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale, ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi.