Discriminazione razziale, mancato riconoscimento dell’assegno di maternità, Tribunale di Tivoli, 15 novembre 2011,
TRIBUNALE DI TIVOLI – SEZIONE LAVORO
Il Giudice, dott. Glauco Zaccardi, sciogliendo la riserva formulata nella camera di consiglio del 7 ottobre 2011,
pronuncia la seguente
ORDINANZA
Nel procedimento iscritto nel ruolo generale egli affari contenziosi al n. 747 dell’anno 2011
TRA
Xxx, con l’avv. Fachile Salavatore,
ricorrente
E
INPS, in persona del Presidente p.t., con l’avv. Attanasio Maria Carla
Resistente
Nonché
Comune di Castel Madama, in persona del sindaco p.t,
intimato
PREMESSO
Con ricorso depositato il 9.3.2011 la ricorrente in epigrafe, cittadina del Regno del Marocco e titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato il 14.10.2008 fino al 14.4.2012 (documento 4 allegato in copia al ricorso), ha esposto di avere presentato al Comune di Castel Madama, in data 11.11.2010, domanda tesa ad ottenere il riconoscimento dell’assegno di maternità in base all’art 74 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, già istituito e regolato dall’art 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
All’atto della presentazione dell’istanza, infatti, non erano trascorsi ancora 6 mesi(termine massimo di presentazione della domanda introdotto con l’articolo 49, comma 12, della legge 23 dicembre 1999,n. 448) dalla data di nascita della figlia, nata a Tivoli il 3.8.2010 (come si evince dallo stato di famiglia della ricorrente, prodotto in copia sub 5 della medesima).
X, poi, è coniugata con Y, titolare di carta di soggiorno rilasciata il 23.3.1996 e rinnovata il 28.11.2002 (documento 3 della stessa ricorrente); il coniuge dell’istante lavora in Italia e il valore dell’indicatore della situazione economica ISE del nucleo familiare, composto dall’attuale istante, dal marito e dalla figlia (dato risultante dallo stato di famiglia) è pari ad euro 5.189,43 nel 2009 (certificati dell’INPS come da documento 6 allegato al ricorso), importo inferiore alla soglia massima prevista per il riconoscimento della prestazione richiesta, ai sensi dell’art 74, comma 4, del menzionato decreto legislativo 151 del 2001 ( euro 32.448,22 per il 2010).
L’istanza era stata rigettata, con nota dell’1.12.2010 dal Comune di Castel Madama, per non essere l’odierna ricorrente in possesso di carta di soggiorno, presupposto richiesto dal comma 1 dell’invocato articolo 74 e confermato anche dall’INPS con circolare 35 del 9.3.2010.
X, al riguardo, lamentando il carattere discriminatorio del diniego, ai sensi e per gli effetti dell’art 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per essere stato fondato, il provvedimento del comune, sulla nazionalità extracomunitaria della medesima ricorrente (elemento dal quale sarebbe derivato all’istante un trattamento deteriore rispetto a quello che le sarebbe riservato se ella fosse stata cittadina italiana), ha chiesto di ordinarsi ai convenuti in epigrafe, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, di cessare a discriminazione e di erogarle l’assegno oggetto della domanda dell’11.11.2010, nella misura di euro 311,27 per cinque mensilità.
Il ricorso è stato notificato al Comune di Castel Madama il 27.6.2011, tempestivamente rispetto al termine fissato dal giudice (28.6.2011); rilavata, invece la tardività della notificazione all’INPS, è stata ordinata la citazione del medesimo istituito per la camera di consiglio del 7.10.2011.
Il resistente costituendosi solo il 18.10.2011, ha comunque dato atto di aver ricevuto tempestiva notifica del ricorso il 13.9.2011, quini entro il termine fissato dal giudice che scadeva il 25.9.2011).
Nella propria memoria l’INPS ha domandato rigettarsi il ricorso.
RITENUTO
Preliminarmente deve darsi atto della rituale costituzione del contraddittorio. Il ricorso, infatti, è stato notificato tempestivamente: a) al comune di Castel Madama in relazione alla camera di consiglio del 5.7.2011; b) all’INPS rispetto alla camera di consiglio del 7.10.2011.
Ciascuno dei predetti convenuti, poi, è passivamente legittimato.
L’assegno di cui all’articolo 74 del decreto legislativo 151 del 2001, infatti, è concesso dai comuni ai sensi del comma 3 del medesimo articolo (nella specie se la ricorrente ed i suo nucleo familiare risiedono a Castel Madama, come risulta dallo stato di famiglia) ed erogato dall’INPS in base alla previsione del successivo comma8.
È evidente allora, come, nel presente procedimento, la domanda abbia ad oggetto un provvedimento suscettibile di incidere sulla sfera giuridica di entrambi i convenuti.
Nel merito il ricorso è fondato.
La domanda amministrativa presentata l’11.11.2010, è tempestiva rispetto al termine semestrale della nascita della figlia (3.8.2010), di cui all’articolo 49, comma 12, legge 23 dicembre 1998, n 448; il coniuge della ricorrente, poi, è operaio comune in Italia, come si evince, del resto, dalla carta di soggiorno in atti; il valore ISE del nucleo familiare è conforme alla soglia prescritta per l’ottenimento della prestazione richiesta.
Ancora, la X non risulta avere beneficiato dell’indennità (alternativa rispetto alla prestazione della quale si controverte) di cui agli articoli 22, 47 e 70 del medesimo decreto 151, indennità che, del resto, presupporrebbe versamenti contributivi nella specie non effettuati, come si evince dall’estratto conto documento 3 del resistente INPS , che dimostra la mancanza totale di contribuzione.
L’unico elemento ritenuto ostativo, dalla nota dell’1.12.210, è costituito dalla cittadinanza marocchina dell’istante, la quale non è munita di carta di soggiorno (con permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti ai sensi dell’art 9 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3), come invece richiesto dall’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 151 del 2001 e della circolare INPS 35 del 9.3.2010.
Se, quindi, la ricorrente fosse stata cittadina italiana, o comunque, se fosse stata in possesso del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti, nelle sue condizioni amministrative e reddituali ella avrebbe percepito il trattamento oggetto del presente procedimento.
Pertanto la X, lamenta il carattere discriminatorio, in base alla cittadinanza, del diniego oppostole, il quale sarebbe contrario all’art 65 dell’Accordo Euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le comunità europee e i loro stati membri, da una parte, e il regno del Marocco, dall’altra, stipulato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 e reso esecutivo in Italia con legge 2 agosto 1999, n. 302.
Il citato articolo 65, al comma 1, primi due periodi, stabilisce che: “ 1. Fatte salve le disposizioni dei paragrafi seguenti, “ i lavoratori di cittadinanza marocchina ed i loro familiari conviventi godono in materia di previdenza sociale, di un regime caratterizzato dall’assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri nei quali essi sono occupati.
L’espressione “previdenza sociale” copre gli aspetti della previdenza sociale attinenti alle prestazioni in caso di malattia e di maternità, di invalidità, di vecchiaia, di reversibilità, le
prestazioni per infortuni sul lavoro e per malattie professionali, le indennità in caso di decesso, i sussidi di disoccupazione e prestazioni familiari.”
Circa il concetto di previdenza sociale di cui al menzionato accordo, vale certamente il principio affermato dalla Corte di Giustizia con la sentenza 15 gennaio 1998, pronunciata nella causa C-113/97, Babahenini. In quell’occasione, la Corte era stata chiamata a pronunciarsi sull’esatta definizione della portata dell’espressione “previdenza sociale” contenuta in un accordo, di contenuto del tutto analogo a quello all’epoca vigente tra le Comunità europee e d il Marocco del 27.4.1976 (poi sostituito dall’Accordo Euromediterraneo del 26.2.1996) stipulato tra le medesime Comunità e l’Algeria, sempre nel 1976.
Ebbene, la Corte, coerentemente con il proprio consolidato orientamento, e, con affermazione chiaramente espressa in via generale, ossia relativa a tutti gli accordi tesi ad eliminare le discriminazioni, in materia assistenziale e previdenziale, tra i cittadini comunitari e stranieri, ha enunciato il principio secondo il quale: “ per quanto riguarda….., la nozione di previdenza sociale che figura in questa disposizione, dalla citata sentenza Krid (punto 32) e, per analogia, delle citate sentenze KRiber (punto 25), Yousfi (punto 24) e Hallouzi – Choco (punto 25) risulta che essa va intesa allo stesso modo dell’identica nozione contenuta nel regolamento n. 1408/71.”
Il predetto regolamento, all’articolo 4, paragrafo1, lettere a) e b) allude inequivocabilmente alle prestazioni di maternità.
Ora, poiché si ripete, dalla lettura della citata sentenza e da quelle dalla medesima richiamate, si evince senza ombra d dubbio che la Corte abbia inteso estendere, la nozione di previdenza sociale di cui al regolamento 140871, a tutti gli accordi bilaterali stipulati nel corso del tempo tra le Comunità e vari paesi dell’arca mediterranea, volti a equiparare il regime di protezione sociale dei cittadini dei paesi aderenti a quello dei comunitari, nel caso di specie deve concludersi che le prestazioni di maternità, a prescindere dalla circostanza se le stesse siano o meno fondate su presupposti contributivi, rientrano nella previsione dell’articolo 65 dell’accordo Euromediterraneo stipulato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 e reso esecutivo in Italia con legge due agosto 1999, n. 302.
Ne deriva che, giacché il predetto articolo 65 legittima direttamente alla pretesa, non solo i lavoratori, ma anche i loro familiari, la ricorrente, coniuge di ………, cittadino marocchino e operaio comune in Italia, in virtù dell’Accordo Euromediterraneo avrebbe diritto alla prestazione di cui all’articolo 74 del decreto legislativo n. 151 del 2001.
Né, a diverse conclusioni sembra che possa giungersi, almeno nel caso di specie, alla luce della sentenza della Corte di Cassazione 29 settembre 2008, n. 24278, secondo la quale la nozione di previdenza sociale, di cui agli accordi in materia di protezione sociale tra Comunità e paesi dell’aera mediterranea, essendo distinta, in base alle categorie giuridiche del nostro ordinamento, da quella di assistenza sociale, presupporrebbe pur sempre il riferimento della prestazione ad una forma di contribuzione. Cosicché i predetti accordi non potrebbero essere invocati al fine di ottenere il riconoscimento di provvidenze come quella oggetto del presente procedimento, la quale non è legata ad alcun presupposto contributivo.
Al riguardo, deve osservarsi che la nozione di previdenza sociale, che qui rileva, attiene all’interpretazione dell’Accordo Euromediterraneo del 26.2.1996, approvato con decisione n.2000/204 CE del Consiglio e della Commissione. Si verte, in altri termini, in tema di attività interpretativa di norme poste da fonti comunitarie (oggi europee): ne deriva che, sul punto, il giudice nazionale è vincolato alle decisioni della Corte di Giustizia le quali, nella fattispecie, includono inequivocabilmente le prestazioni assistenziali nell’ambito della nozione di previdenza sociale.
Inoltre, con specifico riferimento alla maternità, della quale si controverte nel presente procedimento, è proprio l’articolo 65 dell’accordo euro mediterraneo, reso esecutivo in Italia con legge 302 del 1999, che vi si riferisce, legittimando i lavoratori marocchini e i loro familiari a richiedere le medesime prestazioni che sarebbero riconosciute ai cittadini italiani.
In altri termini, vi è un chiaro contrasto tra l’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 151 del 2001, il quale subordina, indistintamente per tutti gli stranieri extracomunitari, il riconoscimento dell’assegno di maternità in base al possesso della carta di soggiorno per lungo soggiornanti e l’articolo 65 dell’Accordo Euromediterraneo, reso esecutivo con la legge 302 citata, il quale, equiparando, ai fini dell’ottenimento delle prestazioni di previdenza sociale, da intendersi comprensive di quelle di maternità (anche se non prevedono come presupposto il versamento di una contribuzione), cittadini marocchini e italiani, preclude discriminazioni – ne confronti di cittadini del Regno del Marocco – fondate sulla nazionalità della persona richiedente.
Circa gli effetti del descritto conflitto di norme, ben conosce questo giudice il consolidato orientamento della Corte Costituzionale, di recente ribadito con le sentenze 236 del 22.6.2011 e 181 del 10.5.2011, secondo il quale, in caso di contrasto tra una norma promanente da legge ordinaria ed un’altra introdotta dalla legge di esecuzione di una convenzione internazionale, il giudice dovrebbe sollevare questione di legittimità costituzionale della prima in contrasto con l’articolo 117, comma 1, della Costituzione, rispetto al quale la fonte di recepimento del trattato fungerebbe quale parametro interposto.
Ritiene il giudicante che tale principio non sia conferente con il caso di specie.
L’accordo euromediterraneo del 26.2.1996, infatti, è atto d espressione della soggettività di diritto internazionale, non già dello Stato, bensì delle (allora) Comunità Europea e Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Esso fu approvato con decisione 2000/204 del Consiglio e della Commissione, adottata ai sensi degli articoli 310 e 300 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea.
Decisioni di tale tipo, secondo il consolidato e ormai risalente orientamento della Corte di Giustizia (tra le altre, sentenza 30.9.1987 in causa 12/86 e sentenza 30.4.74 in causa 181/73), rappresentano atti compiuti da una delle istituzioni (all’epoca) Comunità Economica Europea ai sensi dell’articolo 177, paragrafo primo lettera b) del Trattato Istitutivo della medesima.
In altre parole, alla stregua della richiamata giurisprudenza comunitaria, nel sistema delle fonti della CEE (oggi UE), le decisioni del Consiglio e della Commissione, con le quali sono approvati trattati internazionali conclusi dai competenti organi delle Comunità (oggi dell’unione), sono collocate, nel sistema delle fonti, nella stessa posizione propria delle direttive.
Ne consegue che, anche per le norme poste da tali fonti, vale, in caso di contrasto con la normativa nazionale, l’obbligo (di cui alle sentenze 170/1984 e 113/1985 della Corte Costituzionale, tra le altre) di disapplicazione della norma interna da parte del giudice dello stato membro, ove la disposizione derivante dall’ordinamento comunitario(oggi europeo) sia chiara, precisa, incondizionata.
Nella specie, per le ragioni sopra esposte, l’articolo 65 dell’Accordo Euromediterraneo del 26.2.1996, approvato dal Consiglio e dalla Commissione con decisione 2000/204, attribuisce in modo chiaro e preciso ai cittadini marocchini soggiornanti in Italia, a prescindere dal possesso di permesso di soggiorno per lungo soggiornanti (già carta di soggiorno), il diritto al riconoscimento – alle stesse condizioni degli italiani – ad una serie di prestazioni previdenziali e assistenziali tra le quali certamente rientra l’assegno di maternità di base di cui all’art 74 del decreto legislativo 151 del 2001.
Pertanto, il comma 1 di quest’ultimo, nella parte in cui condiziona il riconoscimento della prestazione, anche per i cittadini del Regno del Marocco, al previo ottenimento della carta di soggiorno, deve essere disapplicato, con conseguente applicazione diretta della normativa di profanazione comunitaria.
Ne consegue che, il rigetto comunicato all’attuale ricorrente con nota dell’1.12.2010 del Comune di Castel Madama si risolve in una discriminazione fondata su ragioni di nazionalità in violazione dell’art 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Pertanto il ricorso deve essere accolto.
Tenuto conto della situazione reddituale del nucleo familiare al quale appartiene X, con valore ISE pari a solo euro 5.189,43 nel 2009, si ritiene congruo stabilire la misura della prestazione dovuta alla ricorrente nell’entità massima, pari ad euro 311,27 al mese moltiplicati per 5 mensilità.
Su tale importo competono, ai sensi dell’articolo 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, gli interessi legali dal centuventunesimo giorno successivo alla domanda.
Quanto alle spese di lite, con deliberazione del Consiglio dell?Ordine degli avvocati di Tivoli del 18.3.2011, l’odierna istante è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Pertanto, ai sensi dell’articolo 130 D.P.R. 30.5.2002, n. 115, tutti gli importi dovuti al difensore della ricorrente sono ridotti alla metà e da tale diminuzione deriva la liquidazione nella misura di cui in dispositivo (misura commisurata al valore della causa, relativo ad una domanda che ha ad oggetto il pagamento di una somma pari ad euro 311,27, moltiplicata per 5).
Ai sensi del successivo articolo 133 del medesimo decreto, il pagamento delle spese di lite a carico dei soccombenti è disposto a favore dello Stato, essendo l’anticipazione delle stesse a carico dell’erario ai sensi dell’art 131, comma 4, lett a) dello stesso D.P.R.
Non si ritiene di dover ordinare, infine, la pubblicazione della presente ordinanza su quotidiani nazionali o siti internet, come richiesto dalla ricorrente.
L’obbligo di procedere a tale pubblicazione, infatti, è espressamente previsto dall’art 28, comma 7 del decreto legislativo 11 settembre 2011, n. 150, il quale ha introdotto la nuova disciplina del procedimento in materia di discriminazione, ma la novella si applica alle domande proposte dopo l’entrata in vigore del menzionato decreto, mentre, nella specie, ragioni peculiari che impongono tale onere, l’adempimento del medesimo non viene ordinato.
PQM
Il giudice dichiara il carattere discriminatorio della condotta posta in essere dal Comune di Castel Madama con la nota del 9.3.2010 adottata in attuazione della circolare dell’INPS n. 35 del 9.3.2010;
ordina al comune di Castel Madama e all’INPS, ciascuno per quanto di propria competenza, di riconoscere ed erogare alla ricorrente l’assegno di maternità di cui all’articolo 74 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n 74, nella misura di euro 311,27 al mese per cinque mensilità, oltre agli interessi legali dal centoventunesimo giorno successivo all’11.11.2010 al saldo;
condanna il Comune di Castel Madama e l’INPS in solido a pagamento delle spese di lite in favore dello Stato, liquidate in euro 225 per onorari e diritti, oltre spese generali, iva e cpa.
Si comunichi.
Tivoli 15.11.2011.