Discriminazione minore disabile, mancato accoglimento in un istituto scolastico, Tribunale di Pisa, ordinanza 4 settembre 2014.
TRIBUNALE DI PISA
Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 4744/2014 promosso da
C.M. con il patrocinio dell’avv. RIGHINI ALESSIO e dell’avv. elettivamente domiciliato in VIA TOSCO ROMAGNO-LA 191 – CASCINA presso il difensore avv. RIGHINI ALESSIO
RICORRENTE/I
contro
LICEO STATALE C. CARDUCCI – MIUR (C.F. ) con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
RESISTENTE/I
Il Giudice dott. Eleonora Polidori,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 29/08/2014,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Con ricorso ai sensi dell’art. 3 e 4 L. n. 67/2006, la sig.ra C M (e successivamente il sig. C M) nella loro qualità di genitori esercenti la potestà legale sul figlio minore, A C, adivano questo Tribunale chieden-do l’accoglimento delle seguenti conclusioni:
“Voglia Il Tribunale di Pisa, ritenuto e dichiarato, in via preliminare, per le causali esposte in narrativa, che il mancato accoglimento del minore nel Liceo Musicale costituisce atto e/o comportamento discriminatorio, ordinare la cessazione del comportamento e/o della condotta e/o dell’atto discriminatorio pregiudizievole, adottando ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Con vittoria di spese ed onorari di causa.”.
Ricorso e decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti venivano ritualmente notificati alle parti convenute Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica e al Liceo Statale G. Carducci di Pisa.
A sostegno del ricorso i ricorrenti espongono quanto segue:
1) Sono genitori di A C, ragazzino affetto da una disabilità grave, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, comma 3, legge n. 104/92 (v. verbale di visita collegiale ex art. 4 della citata legge prodotto sub allegato n. 1), in quanto affetto da una grave forma di autismo per la quale è seguito sin dall’anno 2002 dalla USL di Pisa, reparto neuropsichiatria infantile, oggi nella persona del Dott. B;
2) Il Dott. B, nella sua qualità di neuropsichiatra infantile dell’ASL di Pisa, ha partecipato alla redazione del piano educativo individualizzato (P.E.I.) al fine di elaborare un progetto didattico adeguato alla personalità del minore nonché alle sue inclinazioni scolastiche; nei P.E.I. redatti nel corso degli ultimi anni e nella relazione del Dott. B datata 2 luglio 2014 (allegati), è sempre stata sottolineata ed evidenziata l’importanza della musica per il ragazzo, input verso il quale Andrea mostra interesse e mezzo attraverso il quale egli riesce ad integrarsi ed esprimersi. Il predetto specialista ha altresì sottolineato come il ragazzo, durante lo svolgimento di attività connesse all’educazione musicale, abbia dimostrato di essere maggiormente in grado “di rispettare le regole della classe, di controllare i tic e di entrare in relazione con i compagni”, ritenendo conseguentemente fondamentale per lo stesso “la realizzazione di un Piano Educativo Individualizzato che preveda prevalentemente le attività motivanti sopradescritte, con le quali sostenere l’autostima, il raggiungimento del successo e stimolare le potenzialità di sviluppo cognitivo ed affettivo”;
3) per le suddette motivazioni la madre iscriveva suo figlio al costituendo Liceo Musicale di Pisa;
in data 5 aprile 2014 A C veniva sottoposto ad un test di ammissione predisposto direttamente dall’insegnante di sostegno e senza che il ragazzo (né la commissione esaminatrice) fossero preventivamente preparati alla prova, in spregio ai numerosi P.E.I. del disabile ed alla sua condizione; infatti, da una attenta lettura dei P.E.I. e della relazione del Dott. B, la disabilità del ragazzo si manifesta prevalentemente in disturbi di tipo comportamentale, essendo segnalate “gravi difficoltà di regolazione, scarso controllo degli impulsi, ansia prestazionale, tendenza all’isolamento, stereotipie motorie, disagio in situazioni nuove e poco strutturate”;
Tanto premesso, assumono i ricorrenti che le condizioni di disabilità del ragazzo erano (e sono) tali per cui lo stesso non avrebbe dovuto essere sottoposto a prova alcuna, pur se diversificata, in quanto quest’ultimo, soprattutto sotto stress ed in ambienti a lui non familiari e davanti a persone sconosciute, tende a chiudersi ancor di più in se stesso e a non interagire in alcuna maniera con i presenti, isolandosi dal contesto ed accentuando le stereotipie motorie.
A conferma, evidenziano che i problemi comportamentali del ragazzo erano emersi chiaramente nel corso della prova a cui è stato sottoposto, come risulta dal verbale di scrutinio che producevano.
Rilevano inoltre che l’art. 20 della L. 104/92, come modificato dal D.L. 90/14, relativamente alle prove d’esame nei concorsi pubblici e per l’abilita-zione alle professioni, stabilisce che “la persona handicappata affetta da invalidità uguale o superiore all’80% non è tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista”, principio questo che, assumevano i ricorrenti, a maggior ragione, è da ritenersi applicabile in un ambito, quale quello scola-stico, in cui il disabile forma la propria personalità.
Tutto ciò premesso, lamentano pertanto i ricorrenti che la condotta tenuta dalle amministrazioni integra una discriminazione da parte delle Amministrazioni convenute.
In giudizio si costituivano ritualmente entrambe le parti resistenti con il ministero dell’Avvocatura Distrettuale di Firenze, che sostenevano l’infondatezza del ricorso e ne chiedevano il rigetto.
La materia è disciplinata dalla Legge 1 marzo 2006, n. 67 che ha assicurato la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni e che è stata recentemente modificata dall’art. 28 d. lvo. 150/11, secondo cui le controversie in materia di discriminazione di cui all’articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dalla stessa norma ed è competente il tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio.
È la stessa norma dell’art. 28 cit. che testualmente prevede che “con l’ordinanza che definisce il giudizio il giudice può (..) ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Al fine di impedire la ripetizione della discriminazione, il giudice può ordinare di adottare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nei casi di comportamento discriminatorio di carattere collettivo, il piano e’ adottato sentito l’ente collettivo ricorrente”.
È bene richiamare il quadro normativo in materia di integrazione scolastica dei minori diversamente abili.
La Legge 5 febbraio 1992, n. 104, “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, all’art. 12, sancisce il diritto all’educazione e all’istruzione, prevedendo al comma secondo che “è garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie” e ai commi successivi che “l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione. L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap”.
Tale norma prevede poi la predisposizione di piani di studio individualizzati con l’obiettivo di porre in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situa-zione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono esse-re sostenute, sollecitate, progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata.
Il successivo articolo 13 garantisce poi l’integrazione scolastica, mentre, per quanto in questa particolarmente interessa l’art. 16 disciplina la “valutazione del rendimento e prove d’esame”, prevedendo che “nella valutazione degli alunni handicappati da parte degli insegnanti è indicato, sulla base del piano educativo individualizzato, per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline” e che “nell’ambito della scuola secondaria di secondo grado, per gli alunni handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi per l’effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l’autonomia e la comunicazione”.
Come si vede, la legge ammette che il disabile sia sottoposto a prove d’esame, ma ritiene questo Giudice che, rispetto alla prova d’esame, diverso sia il caso della prova d’ingresso come quella cui è stato sottoposto il C.
Ed invero, con la prova cui è stato sottoposto il disabile A C non si mirava a valutare l’esito dello specifico percorso di apprendimento scolastico, quanto piuttosto a verificare, sia pure a mezzo dell’insegnante di sostegno, il previo possesso da parte del ragazzo di “specifiche competenze musicali o coreutiche” così come previsto per tutti i candidati dall’art. 7 del DPR n. 89 del 15.3.2010, richiamato anche da parte resistente.
In sostanza, mentre la prova d’esame di cui al citato art. 13 è volta a valutare i risultati raggiunti (anche attraverso il lavoro dei docenti specializzati nel sostegno) all’esito del percorso scolastico individualizzato nell’interesse esclusivo del disabile (percorso che deve essere stato realizzato con l’osservanza di tutte le norme specifiche), diversamente la prova d’ingresso in questione, con il diverso obiettivo anche di limitare il numero degli allievi, mirava a valutare competenze già insite nei candidati (frutto quindi di loro specifiche doti naturali, interessi, inclinazioni), competenze che, all’evidenza, possono non ricorrere nei soggetti portatori di handicap proprio a causa essenzialmente della propria disabilità.
In sintesi, quello che appare effettivamente discriminante è l’avere sottoposto un minore gravemente disabile come A C non già a una prova d’esame all’esito di un ciclo scolastico, quanto piuttosto ad una prova preliminare, ad una selezione preliminare di ingresso dichiaratamente “preordinata alla verifica del possesso di specifiche competenze musicali o coreutiche”, senza previamente interrogarsi se il ragazzo fosse per la sua patologia in grado di possedere tali prerequisiti ovvero se il lavoro scolastico affrontato dal disabile in precedenza lo avesse effettivamente posto in condizioni di ambi-re anch’egli, e nonostante il suo handicap, al possesso di specifiche competenze musi-cali o coreutiche.
E che l’interpretazione più corretta della nozione di “prove d’esame” di cui al cit. art. 16, sia quella ora detta (e limitata quindi alla valutazione degli esiti del percorso mirato di studi) e non possa estendersi a ricomprendere anche la prova preliminare di ingresso, si ricava anche implicitamente da tutta la ratio della legge medesima, così come esplicitata anche dal successivo art. 20 che disciplinando il diverso settore delle “prove d’esame nei concorsi pubblici e per l’abilitazione alle professioni”, al comma 2-bis dispone “La persona handicappata affetta da invalidità uguale o superiore all’80% non è tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista”.
È quindi corretta l’osservazione dei ricorrenti: se un invalido grave non può essere sottoposto a una prova preselettiva per l’accesso ad un’attività lavorativa (nella quale solitamente è richiesta pur sempre una prestazione anche al disabile), a maggior ragione un invalido grave non deve poter essere sottoposto ad una prova d’ingresso preselettiva per accedere ad una scuola secondaria finalizzata esclusivamente al completamento della sua educazione e della sua istruzione.
In sintesi, si ritiene che la condotta delle amministrazioni convenute abbia integrato una discriminazione anche alla luce dei principi fissati dalla legge 1/3/2006 n. 67, (volta appunto a promuovere “la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità (..) al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali”).
In particolare, l’art. 2 della medesima legge che definisce la nozione di discriminazione, tra l’altro così si esprime: “si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone”.
Ebbene è proprio questo che è accaduto nel caso di specie: un atto apparentemente neutro, la prova di ingresso ad una scuola secondaria, ha posto un disabile grave in una posizione di svantaggio rispetto alle persone normodotate, perché era tesa alla verifica del possesso di prerequisiti già in possesso del candidato (e all’evidenza non presenti purtroppo nel giovane disabile A C) e non già dell’esito di un percorso di studi elaborato su misura per la sua patologia.
In conclusione, il Tribunale ritiene chiaramente sussistente la discriminazione perpetrata ai danni del figlio dei ricorrenti per averlo sottoposto alla prova preordinata alla verifica del previo possesso di specifiche competenze musicali e coreutiche.
Il ricorso deve essere quindi accolto nei termini di cui al dispositivo, ordinando al Mini-stero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica (MIUR) e al Liceo Carducci di consentire l’iscrizione, l’ammissione e la frequenza da parte di C A del Liceo Musicale.
Spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pisa, in persona del Giudice dott. E. Polidori, decidendo sul ricorso, così provvede:
Dichiara che il mancato accoglimento del minore A C nel Liceo Musicale costituisce atto e/o comportamento discriminatorio;
ordina la cessazione della condotta discriminatoria e per l’effetto ordina alle parti convenute di consentire immediatamente e comunque entro il giorno 10 settembre 2014 a C A l’iscrizione, l’ammissione e la frequenza del Liceo Musicale G. Carducci per l’anno scolastico in procinto di cominciare;
condanna le parti resistenti alle spese che liquida in €. 2.500,00 per compensi ai difensori ed € 125,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Pisa, 4 settembre 2014
Il Giudice
dott. Eleonora Polidori