Discriminazione in base al sesso, Corte di Cassazione, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ordinanza interlocutoria, n. 61.01 2017 del 15 febbraio 2017
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO – Presidente –
Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE
Dott. FEDERICO DE GREGORIO Consigliere
Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI – Consigliere –
Dott. MATILDE LORITO – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 28961-2015
proposto da:
M M, D S L, L B I, B M, B L, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA MACHIAVELLI, 25, presso lo studio dell’avvocato PIO CENTRO, che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO ANDRETTA, ANTONIO PILEGGI, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio degli avvocati DOMENICO DE FEO, MAURIZIO MARAZZA e MARCO MARAZZA, che la rappresentano e difendono giusta delega in atti
controricorrente –
sul ricorso 29557-2015 proposto da:
FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio degli avvocati DOMENICO DE FEO, MAURIZIO MARAZZA e MARCO MARAllA, che la rappresentano e difendono giusta delega in atti;
ricorrente –
contro
M M, D S L, L B I, B M, B L, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA MACHIAVELLI, 25, presso lo studio dell’avvocato PIO CENTRO, che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO ANDRETTA, ANTONIO PILEGGI, giusta delega in atti;
– con troricorrenti. –
avverso la sentenza n. 7123/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/10/2015 R.G.N. 1466/2015; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/02/2017 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO; udito l’Avvocato PIO CENTRO; udito l’Avvocato ANTONIO PILEGGI; udito l’Avvocato MAURIZIO MARAZZA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso per l’accoglimento ricorso DI MATURI MANUELA più altri, rigetto ricorso FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA.
IN FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
- M M, L B, M B, I L B e L D S adivano il Tribunale di Roma con ricorso ex lege n.92/2012 ed esponevano di aver lavorato alle dipendenze della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma quali tersicorei e ballerini sino al 31/3/2014, allorquando la Fondazione aveva loro intimato il licenziamento per raggiungimento dei limiti di età; che il recesso era da ritenersi illegittimo perché irrogato nonostante l’esercizio del diritto di opzione previsto dall’art.3 c.7 d.l. n.64/2010 convertito in I. n.100/2010 annualmente rinnovato almeno tre mesi prima del compimento dell’età secondo le prescrizioni di legge,
- andava disposta la reintegra nel posto di lavoro e la condanna della parte datoriale al risarcimento del danno;
- il giudice della opposizione, in riforma della ordinanza emessa nella pregressa fase del giudizio, accoglieva integralmente i ricorsi;
- interposto reclamo avverso tale decisione dalla Fondazione Teatro dell’Opera, la Corte distrettuale, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, confermata nel resto, rigettava le domande proposte dalle ricorrenti M, B e L B e compensava fra le parti le spese di tutti i gradi e fasi del giudizio;
- il giudice dell’impugnazione, a fondamento del decisum, per quanto in questa sede rileva, osservava che l’art.3 comma 7 d.l. n.64/2010 conv. in legge n.100/2010, prevedeva che per i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei tersicorei e ballerini, l’età pensionabile per uomini e donne era fissata al compimento del 45° anno di età; prevedeva altresì che per i due anni successivi alla data di entrata in vigore della disposizione ai lavoratori assunti a tempo indeterminato che avessero raggiunto o superato l’età pensionabile, fosse data facoltà di esercitare l’opzione rinnovabile annualmente, per restare in servizio, mediante istanza da presentare all’Enpals entro due mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione o tre dal perfezionamento del diritto alla pensione, fermo restando il limite massimo di pensionamento di vecchiaia di 47 anni per le donne e 52 per gli uomini;
- detta disposizione transitoria non era ritenuta confliggente con i principi comunitari giacché, avendo introdotto un abbassamento dei limiti di età previsti per l’accesso alla pensione, nel contempo aveva previsto un criterio oggettivo e ragionevole per consentire al personale che avesse raggiunto i 45 anni prima dell’entrata in vigore della norma, o lo avrebbe raggiunto nel biennio 1/7/2010- 1/7/2012, di esercitare il diritto a conservare i previgenti limiti di età di pensionamento (47 anni per le donne e 52 per gli uomini);
- la ratio della disposizione era ispirata all’esigenza di introdurre modalità graduali di accesso alla nuova età pensionabile per i lavoratori che, prossimi al nuovo limite di pensionamento, erano maggiormente esposti al repentino cambiamento in senso restrittivo del pregresso regime di permanenza al lavoro, in tal senso non configurandosi alcun profilo di incompatibilità della norma coi principi comunitari, anche in considerazione della natura transitoria della disposizione e della ristretta platea dei destinatari;
- la cassazione di tale pronuncia è domandata dalle lavoratrici sulla base di unico articolato motivo con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione del comma 7 art.3 d.l. n.64/2010 conv. in legge n.100/2010 in relazione all’art.30 comma 1 d.lgs.198/2006, all’art.157 T.F.U.E., alle direttive 78/2000 e 54/2006 ed al d. 1gs. n.5/2010 nonché in relazione agli artt.3,4,5,35,37 e 38 Cost.;
- si deduce come il discrimen operato dall’art.3 comma 7 d.l. n.64/2010 conv. in I. n.100/2010 vulneri il principio di parità di trattamento fra uomo e donna sancito dall’art.21 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; il principio di cui all’art.157 T.F.U.E. che sancisce quello di parità retributiva fra uomini e donne; la direttiva 2006/54/CE riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomo e donna in materia di occupazione e di impiego;
- la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma resiste con controricorso spiegando autonoma impugnazione avverso la medesima decisione, sostenuta da quattro motivi attinenti alla violazione e falsa applicazione dell’art.1 comma 51 1.92/2012 e degli artt.125 e 414 c.p.c.; dell’art.4 comma 4 d.lgs. n.182/1997 che disciplina le modalità dell’esercizio del diritto di opzione relativa al prolungamento della permanenza in servizio; dell’art.18 1.300/1970 e dell’art.1218 c.c.;
- sono state depositate memorie illustrative ex art.378 c.p.c. da parte delle lavoratrici e della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma;
Considerato che:
- pregiudizialmente i ricorsi vanno riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza;
- il primo motivo del ricorso della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, con il quale si deduce l’inammissibilità del ricorso in opposizione proposto dalle lavoratrici, per violazione dei dettami di cui al comma 51 dell’art.1 I. n.92/2012, non contenendo, in violazione della regula iuris della specificità del ricorso ex artt. 366 c.p.c., la trascrizione, almeno nella parte che interessa, del predetto ricorso, è irrilevante poiché non consente a questa Corte alcun controllo di legittimità;
- il richiamato comma 7 art.3 d.l. n.64/2010 conv. in legge n.100/2010, potrebbe porsi, stante lo specifico e caratterizzante riferimento al sesso ed all’eta’, in conflitto con il principio di non discriminazione che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, oggi fonte stricto sensu, e, anzi, fonte di diritto primario, sancisce, all’art. 21, con l’inserimento della non discriminazione fra i diritti fondamentali della persona e, quindi, nell’ambito dei principi generali del diritto comunitario, nonché con il successivo art. 23 laddove afferma che “la parità tra uomini e donne dev’essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione”;
- potrebbe porsi altresì in contrasto con l’art.157 T.F.U.E. (ex art.141 TCE) il quale sancisce il principio di parità retributiva fra uomini e donne (vedi in tal senso sentenza Corte di Giustizia Europea 13/11/2008 C-46/2007 relativa alla procedura di infrazione avviata nei confronti dell’Italia per incompatibilità con la normativa europea che stabilisce uguale età pensionabile fra uomini e donne;sentenza Corte di Giustizia Europea 2016/C-068/19, che in relazione all’art. 18 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, sulla riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego);nonché con la Direttiva 2006/54/CE riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego (vedi sentenza Marshall Corte di Giustizia Europea 26/2/1986 C-152/84 che definisce discriminante ai fini della direttiva 76/207, poi trasfusa nella Direttiva 2006/54, sotto il profilo del sesso, il licenziamento di una donna per il solo motivo che avesse raggiunto o superato l’età alla quale ha diritto ad una pensione statale, età che, a norma delle leggi nazionali, è diversa per gli uomini e per le donne);
- nella specie la formulazione dell’art.3 comma 7 d.l. n.64/2010 conv. in I. n.64/2010 mostra di non contenere alcuna esplicita ragione rilevante ai sensi della citata Direttiva 2006/54;
- questa Corte di legittimita’ ritiene, con riferimento alla disposizione nazionale di cui in narrativa, di sollevare, ex articolo 267 TFUE, questione pregiudiziale sull’interpretazione del principio di non discriminazione in base al sesso, quale espresso concretamente dalla direttiva 54/2006 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 21).
P.Q.M.
dispone, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea di chiedere, in via pregiudiziale, alla Corte di Giustizia dell’Unione europea se la normativa nazionale di cui al Decreto Legge n.64 del 30 aprile 2010 art.3 comma 7, convertito in legge n.100 del 29 giugno 2010 secondo la quale “per i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei tersicorei e ballerini, l’eta’ pensionabile e’ fissata per uomini e donne al compimento del quarantacinquesimo anno di eta’ anagrafica, con l’impiego, per i lavoratori cui si applica integralmente il sistema contributivo o misto, del coefficiente di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, relativo all’eta’ superiore. Per i due anni successivi alla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai lavoratori di cui al presente comma assunti a tempo indeterminato, che hanno raggiunto o superato l’eta’ pensionabile, e’ data facolta’ di esercitare opzione, rinnovabile annualmente, per restare in servizio. Tale opzione deve essere esercitata attraverso formale istanza da presentare all’ENPALS entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione o almeno tre mesi prima del perfezionamento del diritto alla pensione, fermo restando il limite massimo di pensionamento di vecchiaia di anni quarantasette per le donne e di anni cinquantadue per gli uomini”, sia contraria al principio di non discriminazione in base al sesso, di cui alla Direttiva 2006/54 e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 21); sospende il presente giudizio sino alla definizione della suddetta questione pregiudiziale; ordina l’immediata trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio,alla cancelleria della Corte di giustizia europea.
Così deciso in Roma il 15 febbraio 2017.