Discriminazione per età, Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Prima Sezione) 19 luglio 2017
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
19 luglio 2017 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Articolo 2, paragrafo 1 – Articolo 2, paragrafo 2, lettera a) – Articolo 6, paragrafo 1 – Discriminazione fondata sull’età – Contratto di lavoro intermittente che può essere concluso con soggetti con meno di 25 anni di età – Cessazione automatica del contratto di lavoro quando il lavoratore compie 25 anni»
Nella causa C-143/16,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza del 15 dicembre 2015, pervenuta in cancelleria il 9 marzo 2016, nel procedimento
A & F Italia Srl
contro
A B,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di Sezione, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev (relatore), C.G. Fernlund e S. Rodin, giudici,
avvocato generale: M. Bobek
cancelliere: R. Schiano, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 gennaio 2017,
considerate le osservazioni presentate:
– per la A & F Italia Srl, da G. Di Garbo, G. Brocchieri, G. Iorio Fiorelli ed E. Ceracchi, avvocati;
– per A B, da A. Guariso, avvocato;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. De Socio, avvocato dello Stato;
– per la Commissione europea, da D. Martin e G. Gattinara, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 marzo 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16), nonché dell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la A & F Italia Srl (in prosieguo: la «A») ed il sig. A B in merito alla risoluzione del contratto di lavoro intermittente di quest’ultimo, avvenuta in base al solo motivo che il convenuto aveva compiuto 25 anni.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2000/78 «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».
4 L’articolo 2 della direttiva così recita:
«1. Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.
- Ai fini del paragrafo 1:
- a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;
(…)».
5 L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva è così formulato:
«1. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.
Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:
- a) la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;
- b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;
(…)».
Diritto italiano
6 L’articolo 34 del decreto legislativo del 10 settembre 2003, n. 276 – Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (GURI n. 235 del 9 ottobre 2003 – Supplemento ordinario n. 159; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 276/2003»),
nella versione vigente alla data della conclusione del contratto tra la A e il sig. B, ossia il 14 dicembre 2010, così disponeva:
«1. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno ai sensi dell’articolo 37.
- Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età ovvero da lavoratori con più di quarantacinque anni di età, anche pensionati.
(…)».
7 L’articolo 34, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 276/2003, nella versione vigente al momento del licenziamento del sig. B, così disponeva:
«Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con più di cinquantacinque anni di età e con soggetti con meno di ventiquattro anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età».
8 L’articolo 34 del decreto legislativo n. 276/2003 è stato abrogato dal decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 81 (GURI n. 144 del 24 giugno 2015 – Supplemento ordinario n. 34). Le sue disposizioni sono state tuttavia sostanzialmente riprese all’articolo 13 del decreto legislativo da ultimo citato, ai sensi del quale:
«1. Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
- Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni.
- In ogni caso, con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
- Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l’indennità di disponibilità di cui all’articolo 16.
- Le disposizioni della presente sezione non trovano applicazione ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni».
9 L’articolo 38 del decreto legislativo n. 276/2003 prevede quanto segue:
«1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta e indiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
- Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente è riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità, congedi parentali.
(…)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
10 Il sig. B ha lavorato presso la A a far data dal 14 dicembre 2010 sulla base di un contratto di lavoro a tempo determinato, convertito in contratto a tempo indeterminato il 1° gennaio 2012, con mansioni di magazziniere notturno. A termini del contratto, l’interessato doveva, senza carattere di continuità, ad ogni richiesta in tal senso dell’azienda, «garantire l’assistenza ai clienti e operare i registratori di cassa».
11 Nel corso del rapporto, per i primi mesi di servizio il sig. B ha svolto tra i quattro e i cinque turni settimanali di lavoro notturno, e poi, dal 2011, tre o quattro turni settimanali. I turni venivano assegnati a tutto il personale mediante un prospetto quindicinale. Avendo constatato che il suo nome non figurava più nel prospetto successivo a quello che terminava il 16 luglio 2012, e non avendo più ricevuto nuove chiamate al lavoro, il sig. B si è rivolto all’Ufficio risorse umane della A. Con email del 30 luglio 2012 il responsabile di detto ufficio gli ha comunicato che il suo rapporto di lavoro con la A era terminato il 26 luglio 2012, data che corrispondeva al giorno del suo 25° compleanno, «a causa del venir meno [in tale data] del requisito soggettivo dell’età».
12 Il sig. B ha depositato ricorso presso il Tribunale di Milano (Italia) chiedendo fosse accertata l’illegittimità, per discriminazione in ragione dell’età, del suo contratto di lavoro intermittente a tempo determinato nonché del suo licenziamento. Avendo il Tribunale di Milano dichiarato improponibile detto ricorso, l’interessato ha proposto appello dinanzi alla Corte d’appello di Milano (Italia), la quale, con sentenza del 3 luglio 2014, ha accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e ha condannato la A a riammettere l’interessato nel posto di lavoro e a pagargli il risarcimento del danno.
13 La A ha proposto un ricorso per cassazione avverso detta sentenza dinanzi alla Corte suprema di Cassazione (Italia). Il sig. B ha proposto a sua volta un ricorso incidentale.
14 Il giudice del rinvio s’interroga circa la compatibilità dell’articolo 34, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 276/2003, nelle versioni applicabili al procedimento principale, con la direttiva n. 2000/78 nonché con il principio di non discriminazione in base all’età. In particolare, rileva che tale disposizione non pare contenere un’esplicita ragione rilevante ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva.
15 In tali circostanze, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la normativa nazionale di cui all’articolo 34 del [decreto legislativo n. 276/2003], secondo la quale il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età, sia contraria al principio di non discriminazione in base all’età, di cui alla direttiva 2000/78 e alla [Carta] (articolo 21, paragrafo 1)».
Sulla questione pregiudiziale
16 Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 21 della Carta nonché l’articolo 2, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione, quale quella di cui al procedimento principale, che autorizza un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno.
17 A titolo preliminare, occorre ricordare che, quando adottano misure rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, nella quale trova espressione concreta, in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, il principio di non discriminazione fondata sull’età, ora sancito dall’articolo 21 della Carta, gli Stati membri e le parti sociali devono agire nel rispetto di tale direttiva (sentenze del 13 settembre 2011, Prigge e a., C-447/09, EU:C:2011:573, punto 48; dell’11 novembre 2014, Schmitzer, C-530/13, EU:C:2014:2359, punto 23, nonché del 21 dicembre 2016, Bowman, C-539/15, EU:C:2016:977, punto 19).
18 Occorre pertanto, in primo luogo, verificare se una disposizione quale quella oggetto del procedimento principale comporti una disparità di trattamento basata sull’età, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2000/78. Al riguardo va rammentato che, ai fini di tale disposizione, per «principio della parità di trattamento» si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1 della medesima direttiva. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78 precisa che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della stessa, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1 della direttiva, una persona è trattata in modo meno favorevole di un’altra in una situazione analoga.
19 Per quanto concerne innanzitutto la questione, sollevata dalla Commissione europea, se il sig. B possa essere qualificato come «lavoratore» ai sensi dell’articolo 45 TFUE, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, tale nozione ha portata autonoma e non dev’essere interpretata restrittivamente. Pertanto, deve essere qualificata come «lavoratore» ogni persona che svolga attività reali ed effettive, restando escluse quelle attività talmente ridotte da risultare puramente marginali e accessorie. La caratteristica del rapporto di lavoro è, secondo tale giurisprudenza, la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione (sentenze del 3 luglio 1986, Lawrie-Blum, 66/85, EU:C:1986:284, punti 16 e 17; del 23 marzo 2004, Collins, C-138/02, EU:C:2004:172, punto 26, nonché del 3 maggio 2012, Neidel, C-337/10, EU:C:2012:263, punto 23).
20 La valutazione globale del rapporto di lavoro del sig. B implica che siano presi in considerazione elementi relativi non solo alla durata del lavoro e al livello della retribuzione, ma anche all’eventuale diritto a ferie retribuite, alla continuità della retribuzione in caso di malattia, all’applicabilità al contratto di lavoro di un contratto collettivo, al versamento di contributi e, nel caso, alla natura di questi ultimi (v., in tal senso, sentenza del 4 febbraio 2010, Genc, C-14/09, EU:C:2010:57, punto 27).
21 A tal proposito va ricordato che il sig. B è stato assunto il 14 dicembre 2010 con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato per svolgere, a ogni richiesta in tal senso della A, mansioni di magazziniere notturno. Come risulta dal fascicolo in possesso della Corte, per i primi mesi di servizio egli ha svolto tra i quattro e i cinque turni settimanali di lavoro notturno e poi, dal 2011, tre o quattro turni settimanali. Inoltre, in sede di udienza dinanzi alla Corte, il sig. B ha precisato di essersi trovato nella stessa situazione di altri 400 dipendenti della A, il cui rapporto era disciplinato da contratti collettivi.
22 Si deve pertanto constatare che, tenuto conto delle condizioni in cui è stata esercitata, la cui esattezza spetta al giudice del rinvio verificare, non si può ritenere che l’attività del sig. B siastata puramente marginale e accessoria, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 19 della presente sentenza.
23 È dunque verosimile che il contratto di lavoro del sig. B sia tale da consentirgli di avvalersi della qualità di «lavoratore» ai sensi dell’articolo 45 TFUE. Spetta al giudice del rinvio, che è l’unico ad avere una conoscenza approfondita e diretta della controversia di cui al procedimento principale, valutare se si versi in tale ipotesi.
24 Si deve poi esaminare se il sig. B possa sostenere di essere stato oggetto di una disparità di trattamento fondata sull’età.
25 Per quanto concerne la comparabilità delle situazioni, si deve precisare che, da un lato, non è necessario che le situazioni siano identiche, ma soltanto che siano comparabili e, dall’altro, che l’esame di tale comparabilità deve essere condotto non in maniera generale e astratta, bensì in modo specifico e concreto in riferimento alla prestazione di cui trattasi (sentenza del 12 dicembre 2013, Hay, C-267/12, EU:C:2013:823, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
26 Nel caso di specie, si deve rilevare che l’articolo 34 del decreto legislativo n. 276/2003 ha introdotto due diversi regimi non solo per l’accesso e le condizioni di lavoro, ma anche per il licenziamento dei lavoratori intermittenti, in funzione della fascia di età alla quale detti lavoratori appartengono. Infatti, nel caso di lavoratori di età compresa tra i 25 e i 45 anni, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso solo per l’esecuzione di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente, secondo le modalità specificate dai contratti collettivi e per periodi predeterminati, mentre, nel caso di lavoratori di età inferiore ai 25 anni o superiore ai 45, la conclusione di un simile contratto di lavoro intermittente non è subordinata ad alcuna di tali condizioni e può avvenire «in ogni caso», con la precisazione, come osservato dal governo italiano in sede di udienza, che i contratti conclusi con lavoratori di età inferiore ai 25 anni cessano automaticamente quando i medesimi compiono 25 anni.
27 Ne consegue che, per l’applicazione di disposizioni come quelle di cui al procedimento principale, la situazione di un lavoratore licenziato in ragione del solo compimento dei 25 anni di età è oggettivamente comparabile con quella dei lavoratori che rientrano in un’altra fascia di età.
28 Pertanto, si deve constatare che la disposizione di cui al procedimento principale, nella parte in cui prevede che un contratto di lavoro intermittente possa essere concluso «in ogni caso» con un lavoratore di età inferiore a 25 anni e cessi automaticamente quando il lavoratore compie 25 anni, introduce una disparità di trattamento basata sull’età, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78.
29 In seconda battuta, occorre esaminare se tale disparità di trattamento possa essere giustificata.
30 A tal proposito, l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/78 enuncia che gli Stati membri possono prevedere che disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.
31 Si deve ricordare che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità non solo nella scelta di perseguire uno scopo determinato fra altri in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzarlo (sentenza dell’11 novembre 2014, Schmitzer, C-530/13, EU:C:2014:2359, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
32 Per quanto concerne la questione se la disposizione di cui al procedimento principale sia giustificata da una finalità legittima, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, risulta dalle osservazioni del governo italiano che tale disposizione si inserisce in un contesto normativo finalizzato a valorizzare la flessibilità nel mercato del lavoro, quale strumento per incrementare l’occupazione.
33 Per quanto concerne, in particolare, la categoria dei lavoratori di età inferiore ai 25 anni, emerge infatti dalle osservazioni del governo italiano che la facoltà accordata ai datori di lavoro di concludere un contratto di lavoro intermittente «in ogni caso» e di risolverlo quando il lavoratore di cui trattasi compia 25 anni di età ha l’obiettivo di favorire l’accesso dei giovani al mercato del lavoro. Il governo italiano ha sottolineato che l’assenza di esperienza professionale, in un mercato del lavoro in difficoltà come quello italiano, è un fattore che penalizza i giovani. Inoltre, la possibilità di entrare nel mondo del lavoro e di acquisire un’esperienza, anche se flessibile e limitata nel tempo, può costituire un trampolino verso nuove possibilità d’impiego.
34 In udienza, il governo italiano ha chiarito che l’obiettivo principale e specifico della disposizione controversa nel procedimento principale non è quello di consentire ai giovani un accesso al mercato del lavoro su base stabile, bensì unicamente di riconoscere loro una prima possibilità di accesso a detto mercato. Si tratterebbe, con tale disposizione, di fornire loro una prima esperienza che possa successivamente metterli in una situazione di vantaggio concorrenziale sul mercato del lavoro. Pertanto, tale disposizione sarebbe relativa ad uno stadio precedente al pieno accesso al mercato del lavoro.
35 Si deve constatare che dette considerazioni legate all’accesso al mercato del lavoro e alla mobilità sono applicate ai giovani alla ricerca di un primo impiego, vale a dire ad una delle categorie di popolazione più esposte al rischio di esclusione sociale. In udienza, lo stesso sig. B ha attirato l’attenzione sul fatto che il tasso di occupazione dei giovani – per giovani intendendosi coloro che rientrano nella fascia di età compresa tra i 15 e i 25 anni – è passato dal 51% al 39% negli anni compresi tra il 2004 e il 2016.
36 Va ricordato che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2000/78, la disparità di trattamento può consistere nella «definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori più anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi».
37 Inoltre, va ricordato che la promozione delle assunzioni costituisce incontestabilmente una finalità legittima di politica sociale e dell’occupazione degli Stati membri, in particolare quando si tratta di favorire l’accesso dei giovani all’esercizio di una professione (sentenza del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler, C-159/10 e C-160/10, EU:C:2011:508, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).
38 Allo stesso modo, la Corte ha dichiarato che l’obiettivo di favorire il collocamento dei giovani nel mercato del lavoro onde promuovere il loro inserimento professionale e assicurare la protezione degli stessi può essere ritenuto legittimo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 (sentenza del 10 novembre 2016, de Lange, C-548/15, EU:C:2016:850, punto 27). In particolare, è stato anche dichiarato come rappresenti una finalità legittima l’agevolazione dell’assunzione di giovani lavoratori aumentando la flessibilità nella gestione del personale (v., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci, C-555/07, EU:C:2010:21, punti 35 e 36).
39 In tali circostanze, si deve constatare che la disposizione nazionale di cui al procedimento principale, avendo la finalità di favorire l’accesso dei giovani al mercato del lavoro, persegue una finalità legittima, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.
40 Occorre pertanto esaminare se i mezzi adoperati per il conseguimento di siffatta finalità siano appropriati e necessari.
41 Per quanto concerne l’adeguatezza di una disposizione come quella di cui al procedimento principale, si deve rilevare che una misura che autorizza i datori di lavoro a concludere contratti di lavoro meno rigidi, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui godono gli Stati membri in materia, può essere considerata come idonea a ottenere una certa flessibilità sul mercato del lavoro. È immaginabile, infatti, che le aziende possano essere sollecitate dall’esistenza di uno strumento poco vincolante e meno costoso rispetto al contratto ordinario e, quindi, incentivate ad assorbire maggiormente la domanda d’impiego proveniente da giovani lavoratori.
42 Per quanto concerne il carattere necessario della disposizione di cui al procedimento principale, va osservato, come fa valere la A, che, in un contesto di perdurante crisi economica e di crescita rallentata, la situazione di un lavoratore che abbia meno di 25 anni e che, grazie ad un contratto di lavoro flessibile e temporaneo, quale il contratto intermittente, possa accedere al mercato del lavoro è preferibile rispetto alla situazione di colui che tale possibilità non abbia e che, per tale ragione, si ritrovi disoccupato.
43 A sua volta, il governo italiano ha spiegato, in udienza, che dette forme flessibili di lavoro sono necessarie per favorire la mobilità dei lavoratori, rendere gli stipendi più adattabili al mercato del lavoro e facilitare l’accesso a tale mercato delle persone minacciate dall’esclusione sociale, eliminando allo stesso tempo le forme di lavoro illegali.
44 Il governo italiano ha anche sottolineato, in udienza, che è necessario che il maggior numero possibile di giovani possa far ricorso a tale tipo di contratto, al fine di raggiungere l’obiettivo perseguito dalla disposizione nazionale di cui al procedimento principale. Orbene, se i contratti di lavoro conclusi ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 276/2003 fossero stabili, le imprese non potrebbero offrire lavoro a tutti i giovani, con la conseguenza che un numero considerevole di giovani non potrebbe accedere a tali forme di lavoro.
45 Peraltro, il governo italiano ha evidenziato che la misura di cui al procedimento principale è accompagnata da un certo numero di tutele. Infatti, l’articolo 38 del decreto legislativo n. 276/2003 stabilisce che «il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte».
46 Alla luce di tali considerazioni, si deve ritenere, considerato l’ampio margine discrezionale riconosciuto agli Stati membri non solo nella scelta di perseguire uno scopo determinato in materia di politica sociale e dell’occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzarlo, che il legislatore nazionale abbia potuto ragionevolmente considerare come necessaria l’adozione di una disposizione quale l’articolo 34, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 276/2003.
47 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 21 della Carta nonché l’articolo 2, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione, quale quella di cui al procedimento principale, che autorizza un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, giacché tale disposizione persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e i mezzi per conseguire tale finalità sono appropriati e necessari.
Sulle spese
48 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché l’articolo 2, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una disposizione, quale quella di cui al procedimento principale, che autorizza un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, giacché tale disposizione persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e i mezzi per conseguire tale finalità sono appropriati e necessari.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 luglio 2017.