Personale docente a tempo determinato, Corte d’Appello Aquila, sentenza del 7 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA
All’udienza del 7/6/2018 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Con motivazione contestuale ai sensi dell’art. 281sexies c.p·.c..
Nella causa in grado d’appello, contro la sentenza n. 159 pronunciata dal Tribunale di Chieti in data 13/7/2017 iscritta al n. 691/17 R.G., promossa da I I
— rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Orecchioni,
contro MINISTERO dell’ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ’ e RICERCA, fil persona del Ministro pro tempore, e per i’ISTITUTO d’ISTRUZIONE SUPERIORE “A. Volta” rappresentati e difesi ex lege dall’avvocatura Distrettuale dello Stato di l’Aquila, d
ando lettura in udienza,
all’esito della camera di consiglio, del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto ·e di diritto poste a fondamento della decisione
I I, docente della scuola secondaria, impugna fa sentenza indicata in epigrafe che ha negato il suo diritto all’atto dell’immissione in ruolo, avvenuta ]’ 1 /9/07, all’integrale riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nel servizio pre ruolo, avendo ritenuto applicabile l’art. 485 del dlgs.297/94.
Deduce :in primo luogo l’omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell Istituto Superiore Statale A. Volta di …., avendo egli evocato in giudizio il Ministero dell’istruzione, Università e Ricerca, non essendo sufficiente la delega da pane dell’Avvocatura al Dirigente scolastico del suddetto istituto a costituirsi fil giudizio per il Miur ai sensi dell’art. 417 bis c.p.c.., come affermato dal Dirigente, atteso che in tal modo sì viene a confondere la rappresentanza processuale con la legittimatio ad causam.
Sostiene con un secondo motivo dì gravame, e passando al merito della vertenza, la violazione e falsa applicazione della clausola 4, punto 1 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, che ]prevede il divieto di un trattamento meno favorevole per i lavoratori con contratto a tempo determinato, clausola self executing, principio che afferma essere stato ribadito anche dalla pronuncia della Corte di Giustizia europea C-444/09 e C-456/09 Gavieiro.
Rileva come nel caso di specie egli aveva rappresentato che l’amministrazione scolastica in luogo di riconoscere l’intero servizio pre ruolo, pari a 12 anni di servizio ne aveva riconosciuti poco più di 9; qualora si fosse trattato di servizio di ruolo, tale servizio sarebbe stato riconosciuto per intero, senza la penalizzazione operata con l applicazione dell art. 485 d.lgs. 297/9·4, norma che ritiene debba considerarsi superata per contrasto con la normativa eurounitaria e con quella nazionale.
Con un terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art I l, comma 14, legge 124/ 1999,. che detta i criteri per la individuazione, in relazione al servizio non di ruolo dell’anno scolastico che può essere computato, sul presupposto che, trattandosi di disposizione successiva al d.lgs. 297/94, è dia ritenersi che la precedente contraria disposizione in esso contenuta sia stata tacitamente abrogata; e, comunque, contesta che la ratio ispiratrice dell’art. 485 del d.lgs. 297/94 possa essere individuata in una norma entrata in vigore successivamente, come preteso dal giudicante;
con un quarto e ultimo motivo denuncia la violazione del principio del divieto di reformatio in peius del trattamento retributivo e contrasto di giudicati, rilevando come nel caso di specie egli avesse già ottenuto l’integrale riconoscimento del servizio pre ruolo con sentenza del Tribunale di Chieti, decisione ormai passata in giudicato, di cui quindi doveva essere tenuto conto al momento della ricostruzione della carriera; rilevando altresì come la ricostruzione di carriera operata dopo la sua immissione in ruolo abbia determinato un peggioramento delle sue condizioni retributive .
Conclude pertanto chiedendo la riforma della sentenza, con conseguente accoglimento della sua domanda.
Si è costituito il Ministero, replicando ai motivi d’appello, in particolare sostenendo che la clausola 4 della direttiva 1999/70/CE, nel sancire il principio di non discriminazione nell’utilizzo dei contratti a termine, riguarda una fattispecie diversa da quella qui trattata, dove non si fa questione di abuso nell’utilizzo dei contratti a termine, ma si contestano i criteri normativamente fissati per l’immissione in ruolo.
Eccepisce comunque l’intervenuta prescrizione e conclude per il rigetto del gravame.
U primo motivo d’appello appare senz’altro fondato, atteso che l’art. 417 bis c.p.c., nel riconoscere -quando la controversia di lavoro riguardi dipendenti delle pubbliche amministrazioni- la facoltà per queste ultime di farsi assistere, limitatamente al giudizio ·di primo grado, da propri dipendenti, si riferisce alla rappresentanza processuale, fermo restando,. ex art. 81 c.p.c.” che in giudizio deve costituirsi chi ha la titolarità attiva o passiva del diritto fatto valere, vale a dire la legitimatio ad causam, cioè il potere e, rispettivamente, il dovere dli promuovere o subire il giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta dall’attore.
Nel caso di specie la legitimatio ad causam è pertanto del Ministero, nei cui confronti infatti è stata azionata La domanda, il fatto che il Ministero decidesse di farsi rappresentare, nulla eccependo, ex art. 417 bis, 2° comma, l’Avvocatura dello Stato, da un funzionario scolastico, non implica che dovesse anche costituirsi in giudizio la istituzione scolastica, a cui quel funzionario era assegnato.
Pertanto il Ministero devo considerarsi contumace in primo grado. Il secondo motivo d’appello appare egualmente fondato.
Ed invero l’art. 485 del d.lgs. 29711994 stabilisce che “al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, a fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché a solo fini economici per il rimanente terzo”, la norma pertanto prevede il pieno riconoscimento ai fini giuridici ed economici del servizio pre ruolo solo nei limiti di 4 anni e prevede il riconoscimento dell’ulteriore periodo per due terzi a fini giuridici ed economici ·e per l’altro terzo a soli fini economici, mentre solo l’anzianità a fini giuridici ed economici è utile per l’inquadramento e la progressione nelle posizioni e fasce stipendiali.
Non v’è dubbio pertanto che l’art. 485 crea una disparità di trattamento tra personale di ruolo e personale non di ruolo, stante che al primo viene riconosciuto integralmente tutto il servizio prestato, mentre al secondo gli viene riconosciuto solo per i primi 4 anni, mentre per quelli successivi gli viene riconosciuto solo per due terzi.
Tale disparità si traduce in una incompatibilità della norma interna, che esclude appunto il personale a tempo determinato dalla progressione economica riconosciuta solo al personale assunto a tempo indeterminato, con il conseguente mancato computo integrale degli anni di servizio a termine al momento della ricostruzione di carriera, rispetto alla clausola 4 dell’accordo quadro europeo allegato alla direttiva 199’9/70/CE.
Né può sostenersi, come fa il Ministero appellato, che non può rilevare il richiamo alla clausola 4 sancendo essa il principio di non discriminazione nell’utilizzo dei contratti a termine, mentre nel caso di specie non si fa questione di abuso nell’utilizzo dei contratti a termine, ma si contestano i criteri normativamente fissati per l’immissione in ruolo.
In realtà l’art. 485, nello stabilire un criterio di computo del servizio pre ruolo in modo penalizzante, viene a realizzar·e quella disparità di trattamento tra personale di ruolo, la cui anzianità di servizio viene computata integralmente per tutti gli anni di servizio svolti, e personale non di molo, la cui anzianità di servizio viene computata integralmente solo per una parte degli anni di insegnamento, che la clausola 4 dell’accordo quadro vieta.
Egualmente fondato è il terzo motivo d’appello circa la falsa applicazione dell’art. 11, comma 14, della fogge 124/99, che prevede per l’insegnamento non di ruolo che sia considerato come anno scolastico intero quello che ha avuto durata di almeno 180 giorni, oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, stante che tale norma è stata presa in considerazione dal giudicante per escludere una violazione del principio di parità di trattamento, sul presupposto che il riconoscimento parziale del servizio pre ruolo è compensato da una regola secondo la quale per tale ultimo servizio, gli anni scolastici in cui ci sono 180 giorni di servizio, valgono come anni interi, regola che, secondo il giudicante, potrebbe condurre ad un trattamento di maggior favore per i lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato, i quali per vedersi computare l’intero anno scolastico devono prestare servizio per 12 mesi consecutivi.
Non solo non può individuarsi la ratio ispiratrice della disposizione di cui all’art. 485 d.lgs. 29711994 sulla base di una legge entrata in vigore 5 anni dopo come rilevato dall’appellante, ma oltretutto non premile in considerazione il giudicante che questa situazione di miglior favore da lui indicata sia comunque limitata ai primi 4 anni di servizio, ed inoltre non spiega il diverso trattamento stabilito per gli anni successivi ai primi 4, nei quali il docente potrebbe lavorare anche per un numero maggiore di 180 giorni.
Anche il quarto motivo d’appello deve considerarsi fondato, atteso che, avendo già avuto l’appellante con sentenza passata in giudicato, resa in un pregresso giudizio, l’integrale riconoscimento del servizio pre ruolo, non può tale decisione essere ignorata nel momento in cui, a seguito dell’assunzione in ruolo, viene ricostruita la carriera.
Proprio sotto tale profilo non può essere presa in considerazione la richiesta, avanzata in udienza dall’Avvocatura dello Stato di sospensione del presente giudizio in attesa della pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Trento in data 3 agosto 2017 circa la compatibilità dell’ art. 485 d.lgs. 297/94 con la clausola 4 dell’ accordo quadro.
Non si condivide poi l’affermazione del giudicante, secondo cui nessun danno sarebbe derivato all’appellante dal mancato riconoscimento integrale del servizio pre ruolo, stante che, individuando il contratto collettivo di riferimento dell’agosto 2011 sei posizioni stipendiali, corrispondenti alle fasce di anzianità 0/8 di servizio, 9/14, 15/20, 21/ 17, 28/34 e dai 35 in poi, il I I è stato collocato nella fascia 9/ 14, ossia nella medesima fascia in cui sarebbe stato collocato ove gli fosse stata riconosciuta l’integrale anzianità di servizio pari a 12 anni, stante che il mancato integrale riconoscimento dell’anzianità di servizio pre ruolo potrebbe comunque nuocergli ove un successivo contratto collettivo introducesse una rimodulazione delle posizioni stipendiali, che facesse salvi solo in parte, ed a certe condizioni, i diritti già acquisiti (a tacer del fatto che il riconoscimento di soli due terzi del servizio riconosciuti dopo il quarto anno riverbera i suoi effetti negativi su eventuali trasferimenti, nonché ai fini pensionistici e del trattamento dli fine rapporto).
Irrilevante, tacer d’altro, è infine l’eccezione di prescrizione quinquennale, avendo il ricorrente richiesto le differenze retributive nei limiti della predetta prescrizione .
L’appello pertanto merita accoglimento.
Le spese di entrambi i gradi del giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo e da distrarsi, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di L’Aquila, definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza n. 159/17 del Tribunale di Chieti, così decide nel contraddittorio delle parti :
in accoglimento dell’appello, ed in riforma della sentenza impugnata, dichiara l’illegittimità del parziale riconoscimento dell’anzianità di servizio, con condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive nei limiti della prescrizione quinquennale, oltre interessi;
Condanna il Ministero al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 1961 per compensi ed euro 49 per esborsi quanto al primo grado, ed in euro 1830 per compensi ed euro 7350 per esborsi per il presente grado, oltre, per entrambi gli importi, spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA.
Dispone la distrazione delle somme come sopra liquidate.
Il Presidente estensore Rita Sannite