Discriminazione di genere, annullamento provvedimenti amministrativi, Tar Lombardia, sentenza del 30 aprile 2024
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1207 del 2023, proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Mirco Rizzoglio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Stefania Pagano, Sara Pagliosa, Vincenza Palmieri, Danilo Parvopasso, Paolo Radaelli, Massimo Cali’, Emilio Pregnolato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonello Mandarano in Milano, via della Guastalla 6;
nei confronti
-OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, non costituite in giudizio;
per l’annullamento
– della deliberazione della Giunta Comunale n. -OMISSIS- del 28.10.2022, numero proposta -OMISSIS-, avente ad oggetto: indirizzi ai fini dell’avvio dei percorsi di sviluppo professionale del Comune di Milano. Approvazione e della disciplina transitoria per le progressioni verticali ai sensi dell’art. 22, comma 15 del d.lgs. n. 75/2017 e s.m.i. ed in, particolare, dell’allegato 1 alla predetta proposta di deliberazione della Giunta Comunale n. -OMISSIS-, contenente la “disciplina delle procedura di progressione verticale ai sensi dell’art. 22, comma 15, d.lgs. 75/2017”, nella parte in cui, quanto alla valutazione dei titoli, in merito all’esperienza maturata, dispone che: “i servizi con orario ridotto (part – time saranno calcolati in proporzione all’orario di servizio prestato” (cfr. doc. 1);
– della Determinazione Dirigenziale n. atto n. DD -OMISSIS- del 21.11.2022, con cui è stata indetta una procedura selettiva per la progressione verticale ai sensi dell’art. 22, comma 15 del d.lgs. n. 75 del 25.5.2017, per la copertura di n. 18 posti di categoria C – posizione economica 1 – profilo Istruttore dei servizi amministrativi contabili in parte qua, con riferimento all’allegato Schema di avviso laddove, quanto alla valutazione dell’esperienza professionale, si dispone che “i servizi con orario ridotto (part time) saranno calcolati in proporzione all’orario di servizio prestato” (cfr. doc. 2);
– dei verbali relativi alle operazioni di valutazione dei titoli da parte della Segreteria della Commissione esaminatrice e, quindi, delle schede di valutazione nominative agli atti dell’ufficio;
– della Determinazione Dirigenziale atto n. dd -OMISSIS- del 27.3.2023, con cui si è data l’approvazione dell’elenco degli aventi diritto e dei lavori rassegnati dalla commissione esaminatrice in merito alla procedura selettiva per la progressione verticale per la copertura di n. 18 posti di categoria C- posizione economica 1 – profilo istruttore dei servizi amministrativi-contabili, in particolare nella parte in cui la ricorrente risulta collocata al 36° posto, in posizione non utile (cfr. doc. 3);
– della successiva Determinazione Dirigenziale atto n. dd -OMISSIS- del 28.3.2023, con cui è stata disposta la rettifica e l’approvazione dell’elenco finale degli aventi diritto della procedura selettiva per la progressione verticale per la copertura di n. 18 posti di categoria C- posizione economica 1 – profilo istruttore dei servizi amministrativi-contabili, in particolare nella parte in cui la ricorrente risulta collocata al -OMISSIS-° posto, in posizione non utile (cfr. doc. 4);
– della successiva e ulteriore Determinazione Dirigenziale atto n. dd – OMISSIS- del 14.4.2023, con cui è stata nuovamente disposta la rettifica e l’approvazione dell’elenco finale degli aventi diritto della procedura selettiva per la progressione verticale per la copertura di n. 18 posti di categoria C- posizione economica 1 – profilo istruttore dei servizi amministrativi-contabili, in particolare nella parte in cui la ricorrente risulta collocata al -OMISSIS-° posto in graduatoria in posizione non utile (cfr. doc. 5);
– dei successivi atti di nomina dei vincitori e del contratto di lavoro stipulato con candidata, sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-, classificata nell’ultima posizione utile (n. 18) tra gli aventi diritto alla progressione de qua.
– nonché di ogni altro atto agli stessi preordinato, preliminare, precedente, successivo, consequenziale o comunque connesso, ivi incluso il verbale relativo alle progressioni verticali (art. 22, comma 15 d.lgs. 75/2017) code occupazionali 2019 -2020 (cfr. doc. 6), con cui, al fine di dare avvio tempestivo alle procedure di progressione verticale, tra i criteri di effettuazione della procedura di progressione verticale, nell’ambito della valutazione dei titoli, si è convenuto che il requisito della c.d. attività svolta, declinato nei termini di esperienza professionale maturata, sarebbe stato calcolato in proporzione dell’orario di lavoro prestato per i servizi con orario ridotto (c.d. part time)
– nonché per il risarcimento dei danni subiti e subendi ingiustamente dalla ricorrente a causa dell’adozione dei
provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2024 la dott.ssa Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente espone di aver partecipato alla procedura selettiva per la progressione verticale ai sensi dell’art. 22, comma 15, d.lgs. n. 75/2017, per la copertura di n. 18 posti di categoria C, posizione economica 1, profilo istruttore dei servizi amministrativi –contabili, indetta dal Comune di Milano, con determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- del 21 novembre 2022, collocandosi al -OMISSIS-° posto in graduatoria, in posizione non utile e conseguendo:-OMISSIS- punti per la prova concorsuale;-OMISSIS- punti per la media delle valutazioni di performance degli ultimi tre anni e-OMISSIS- punti per l’esperienza maturata (totale-OMISSIS- punti).
2. Dalle deduzioni delle parti e dalla documentazione depositata in giudizio emerge che per la procedura di gara in esame, la Commissione esaminatrice ha avuto a disposizione 100 punti da attribuire ai candidati, suddivisi in un massimo di-OMISSIS- per la prova concorsuale e 70 per la valutazione dei titoli (paragrafo 8 della determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-/2022).
Per quanto di interesse, il bando di concorso riproducendo le previsioni degli indirizzi ai fini dell’avvio dei percorsi di sviluppo professionale del Comune di Milano (deliberazione di Giunta Comunale n. -OMISSIS-/2022), ha disciplinato le modalità di attribuzione dei punteggi per la valutazione dei titoli, prevedendo, tra le altre cose, che il punteggio per la voce “attività svolta” fosse da calcolarsi con 1,8 punti per ogni anno di esperienza maturata presso il Comune di Milano e 0,9 punti per ogni anno di esperienza maturata presso altre Amministrazioni pubbliche, per un massimo di 36 punti, con la precisazione che “I servizi con orario ridotto (part-time) saranno calcolati in proporzione all’orario di servizio prestato. L’esperienza maturata sarà valutata sino ad un massimo complessivo di anni 20, considerando in via prioritaria quella svolta nel Comune di Milano e presso altre pubbliche amministrazioni nel medesimo ambito professionale della posizione messa a bando e a seguire quella svolta in ambiti professionali diversi, partendo da quella svolta presso il Comune di Milano.”.
3. In applicazione di tale disposizione, la ricorrente ha conseguito, quanto all’esperienza maturata, un punteggio pari a-OMISSIS- (e non di 36), poiché, a far data dal 1.1.2003, su domanda avanzata dalla stessa, il suo rapporto di lavoro con il Comune di Milano è stato trasformato in rapporto a tempo parziale, con qualifica di collaboratore dei servizi amministrativi B4, con attività lavorativa pari all’83,3% del tempo pieno. La prestazione di lavoro della ricorrente, in particolare, a decorrere dal 1.1.2003, è stata, dunque, pari a- OMISSIS- ore settimanali, con la seguente articolazione oraria continuata: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00/10.00 alle ore 15.00/16.00.
4. Ritenendo erronea la valutazione dell’esperienza professionale maturata, per essere stato il punteggio riproporzionato al ribasso in ragione dell’orario part – time, la ricorrente è insorta avverso gli atti afferenti la procedura selettiva per la progressione verticale de qua, per come indicati in epigrafe, impugnando specificamente:
(i) la deliberazione della Giunta Comunale n. -OMISSIS-/2022, recante gli indirizzi ai fini dell’avvio dei percorsi di sviluppo professionale del Comune di Milano, nella parte in cui, nell’allegato I, quanto alla valutazione dei titoli, per l’esperienza maturata, ha disposto che i servizi con orario ridotto (part-time) saranno calcolati in proporzione all’orario di servizio prestato; (ii) la determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-/2022, di indizione della procedura selettiva per la progressione verticale di cui è causa, con riferimento allo Schema di avviso, ove è stata riprodotta la disposizione relativa alla valutazione dell’esperienza maturata, riproporzionata rispetto all’orario part- time; (iii) i verbali relativi alle operazioni di valutazione dei titoli da parte della Commissione esaminatrici; (iv) le determinazioni dirigenziali nn. -OMISSIS-del 27.3.2023; -OMISSIS- del 28.3.2023 e -OMISSIS- del 14.4.2023 di approvazione dell’elenco degli aventi diritti e di rettifica del medesimo elenco, ad esito delle quali, la ricorrente è stata collocata al -OMISSIS-° posto in graduatoria, in posizione non utile e (v) i successivi atti di nomina dei vincitori e il contratto di lavoro stipulato dal Comune di Milano con la sig.ra – OMISSIS- -OMISSIS-, classificata nell’ultima posizione utile.
5. La sig.ra -OMISSIS- ha affidato il ricorso a tre motivi di diritto:
5.1 violazione degli artt. 3, -OMISSIS-, 51 e 97 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 25, c. 2, dell’art. 29 e dell’art. 40 del d.lgs. n. 198 del 2006, violazione dell’art. 2 della l. n. 162 del 5.11.2021, violazione dell’art. 3 della L. 7/08/1990 n. 241. Violazione del principio della par condicio, del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, mancata e/o erronea valutazione dei presupposti, irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta. Con la prima censura, premettendo che, in caso di riconoscimento del punteggio non ridotto per l’orario part-time, la ricorrente avrebbe ottenuto un punteggio complessivo di 93,65, collocandosi al 1° posto in graduatoria, è stato rilevato che il criterio del riproporzionamento dell’esperienza di servizio per i lavoratori part time comporterebbe un effetto di discriminazione indiretta ex art. 25, comma 2 del d.lgs. 198/2006 da parte del datore di lavoro in danno delle lavoratrici donne.
Ciò in quanto, sebbene apparentemente neutro, il criterio del punteggio legato all’anzianità di servizio diventa discriminatorio se riparametrato all’orario di lavoro, in considerazione degli effetti che produce, rimanendo irrilevanti le finalità che la norma intendeva perseguire.
Secondo la ricorrente, l’effetto discriminatorio sarebbe comprovato sia dal dato statistico afferente alla procedura de qua, poiché la riproporzione ha posto in svantaggio le dipendenti femminili in una percentuale maggior rispetto ai dipendenti maschi (45,9% contro 11,49%, dato aggiornato a quanto riportato in sede di memoria ex art. 73 c.p.a dalla ricorrente); sia dalatto notorio che la maggior parte dei lavoratori part-time sono di sesso femminile.
5.2 Violazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione della direttiva 97/81/Ce e della Convenzione O.I.L. n. 175 del 1994, dell’art. 3 della L. 7/08/1990 n. 241, dell’art. 22, comma 15 del d.lgs. n. 75 del 2017 e succ. mod., dell’art. 52, comma 1 bis del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 35 del d.lgs.- OMISSIS-/03/2001 n. 165, dell’art. 7 del d.lgs. n. 81 del 2015, dell’art. 15 CCNL Comparto funzioni locali, violazione del principio della par condicio, del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, mancata e/o erronea valutazione dei presupposti, irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta. Ferma l’assorbenza del primo motivo proposto, con la seconda censura, è stato rilevato anche un effetto discriminatorio diretto dell’impugnata clausola del bando nei confronti dei lavoratori part-time: la riproporzione del punteggio infatti porterebbe a un incongruo e illogico apprezzamento del requisito dell’esperienza professionale, che è concetto di natura qualitativa e non quantitativa. Secondo la ricostruzione della ricorrente, la natura qualitativa del requisito dell’attività svolta sarebbe comprovata dall’art. 22 del d.lgs. 75/2017 e dalle altre previsioni del bando, che modulano il punteggio sulla base dell’omogeneità dell’attività rispetto a quella messa a concorso e non sul dato quantitativo di ore lavorate. Inoltre, l’automatica decurtazione del punteggio per l’esperienza professionale maturata in ragione della modalità part-time violerebbe il principio di parità tra dipendenti full-time e dipendenti part- time, che postula ipotesi di riproporzionamento del trattamento del lavoratore a tempo parziale relative all’aspetto economico e non quello normativo.
Infine, la ricorrente aggiunge che in ogni caso, anche a voler applicare il riproporzionamento ad ambiti più ampi del trattamento economico, il principio non potrebbe che avere applicazione nei soli casi in cui la durata della prestazione abbia una propria rilevanza e non nel caso di specie, ove è applicato a disposizioni premiali relative allo sviluppo di carriera del personale, che devono essere informate a una valutazione qualitativa e non quantitativa.
5.3 La ricorrente ha lamentato infine la violazione dell’art. 3, l. 240/1991, per non essere stata indicata, in sede di bando, l’autorità giudiziaria a cui fare ricorso né il relativo termine.
5.4 La ricorrente ha chiesto anche il risarcimento dei danni subiti e subendi.
In particolare la ricorrente ha rappresentato che la progressione di carriera le consentirebbe un inquadramento in una posizione economica superiore e diversa, con conseguente aumento della retribuzione e miglioramento del futuro trattamento pensionistico. Il tutto da riconoscersi con interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.
6. Si è costituita l’Amministrazione comunale, instando per il rigetto del ricorso.
6.1 In vista della camera di consiglio per la trattazione della sospensiva, il Comune ha depositato ampia memoria, rilevando in primo luogo la genericità e la contradditorietà delle censure proposte da parte ricorrente e, più specificamente, l’infondatezza dell’effetto discriminatorio di genere, sostenendo la correttezza del criterio utilizzato dalla Commissione esaminatrice, che avrebbe avuto un effetto penalizzante sulla ricorrente esclusivamente in ragione della durata del part – time (venti anni), come comprovato dalla circostanza che altre candidate risultate vincitrici hanno anch’esse lavorato in orario ridotto, ma per archi temporali minori. Anzi, secondo l’Amministrazione resistente, sarebbe la linea invocata dalla ricorrente a poter produrre violazioni del principio di parità di trattamento, non consentendo la corretta valutazione dell’esperienza di servizio maturata e parificando ingiustificatamente esperienze professionali differenti.
6.2 Ugualmente, in merito al secondo motivo, l’Amministrazione comunale ha ribadito la correlazione tra tempo di lavoro ed esperienza maturata, ritenendo quest’ultima coincidente con il tempo utilizzato per acquisire conoscenze e sviluppare la professionalità nell’ambito di competenza6.3 Quanto all’ultimo motivo, il Comune ha rilevato come gli atti impugnati siano atti a carattere generale, non soggetti alla disciplina invocata e, comunque, come la violazione di quest’ultima non sia causa autonoma di illegittimità.
7. Con ordinanza n. 883/2023, il Collegio nel fissare la trattazione della causa all’udienza pubblica del 29 gennaio 2024 ha rappresentato che “sarà onere del Comune dimostrare, in corso di causa, il nesso specifico che intercorre tra la capacità di assolvere alle funzioni superiori e l’aver prestato il servizio a tempo pieno, per come previsto nell’ambito della procedura” e ha rilevato la cessata materia del contendere in merito all’istanza di accesso, formulata nel ricorso e reiterata con istanze istruttorie, avendo parte ricorrente dichiarato, in sede cautelare, di aver ricevuto tutti i documenti richiesti.
8. In vista dell’udienza di trattazione, le parti hanno depositato memorie e documenti.
9. All’udienza pubblica del 29 gennaio 2024, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
10. Il Collegio ritiene di esaminare preliminarmente la seconda censura riferita alla asserita discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e quelli a tempo pieno per aver considerato il Comune, nell’ambito della procedura in questione, la decurtazione del punteggio per l’esperienza professionale maturata in ragione della modalità part-time la quale avrebbe violato il principio di parità tra dipendenti full-time e dipendenti part- time, che postulerebbe ipotesi di riproporzionamento del trattamento del lavoratore a tempo parziale relative all’aspetto economico e non anche di quello normativo.
Detta censura è infondata.
L’art. 7, comma 2 del d. lgs. 81 del 15 giugno 2015 prevede che “2. Il lavoratore a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa…”.La Suprema Corte – Sezione Lavoro (ordinanza n. 15540/2023) ha, quindi, evidenziato che “un lavoratore a tempo parziale rende comunque una prestazione ridotta rispetto ad un lavoratore a tempo pieno e, conseguentemente, si riduce anche la quantità delle attività e delle connesse responsabilità che giustificano l’erogazione del compenso. In sostanza, sussiste sempre uno stretto legame tra tempo di lavoro, attività lavorativa e quantificazione dell’emolumento ad essa connesso”.
In ragione sia del dettato normativo che prevede espressamente il riproporzionamento del trattamento economico e normativo in favore del lavoratore a tempo parziale in base all’entità della prestazione lavorativa effettuata sia del fatto che esiste comunque un legame tra tempo di lavoro e attività lavorativa non può ritenersi automaticamente illegittima, in linea di principio, una procedura di progressione di carriera improntata al diverso “peso” da attribuire al lavoro svolto a tempo parziale.
11. Il ricorso va, invece, accolto nei limiti di cui in motivazione, risultando fondati i motivi di ricorso con i quali si deduce l’illegittimità della clausola del bando di gara per discriminazione indiretta di genere, che implicano l’annullamento della graduatoria così predisposta. Non è infatti contestato in causa che, per effetto di tale pronuncia, la ricorrente acquisirebbe un punteggio, una volta venuta meno la riparametrazione, utile a collocarsi tra i vincitori della procedura concorsuale.
Va aggiunto che l’azione antidiscriminatoria attribuita al giudice ordinario fin dall’art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 e da ultimo regolata, quanto al rito, dall’art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011 concorre, senza escluderle, con le azioni poste a tutela delle posizioni giuridiche di volta in volta lese mediante la condotta discriminatoria, che, a propria volta, costituisce vizio di legittimità dell’atto amministrativo con il quale tale condotta è veicolata (Corte Cost. sentenza n. 15 del 2024). Va perciò affermata la giurisdizione di questo Tribunale a conoscere della controversia attinente alla legittimità di una procedura concorsuale ove ha trovato applicazione una clausola, che penalizza il lavoro part-time, di carattere asseritamente discriminatorio.
In particolare, si tratterebbe di una discriminazione indiretta, posto che essa non assume a proprio presupposto, e non colpisce direttamente, un sesso piuttosto che un altro, ma, a parere della ricorrente, si presta di fatto a tale effetto, nel caso di specie.
11.1. Partendo dal quadro normativo, l’art. 25, comma 2 del d.lgs. n. 198/2006, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, che ricalca pienamente quanto stabilito dalla direttiva CE 2000/78 per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, sancisce che: “ Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro, apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari”.
Successivamente, l’art. 29 del medesimo decreto, afferma che: “È vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per quanto riguarda l’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la progressione nella carriera”.
11.2 Le fonti nazionali dunque, nell’analisi della presenza di una discriminazione indiretta pongono al centro una valutazione in concreto dell’effetto discriminatorio.
Il Collegio osserva che, onde poter rilevare la presenza di una discriminazione indiretta, la valutazione della legittimità deve essere spostata dal momento di elaborazione della norma, del criterio, della prassi ecc. al momento realmente attuativo di essi.
Sotto il profilo operativo, l’esistenza di una posizione di svantaggio derivante da una discriminazione “può essere dimostrata provando che una disposizione colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sessorispetto a quelle dell’altro sesso (tra le tante: Corte di Giustizia, sent. 3 ottobre 2019 in causa C-274/18 Schuch-Ghannadan, punto 45; Corte di Giustizia, sent. 8 maggio 2019, in causa C 161/18, Vi.Vi.La, punto -OMISSIS-; Corte di Giustizia, sent. 12 ottobre 2004 in causa C 313/02 Wippel, punti 43 e 55; Corte di Giustizia, sent. 23 ottobre 2003 in cause C 4/02 e C5/02 Schonheit e Becker, punto 69)”. E ancora più specificamente “ Al fine di verificare la esistenza di una discriminazione indiretta di genere il giudice, nel caso in cui disponga di dati statistici, deve in primo luogo prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla disposizione di cui si dubita; il miglior metodo di comparazione consiste, poi, nel confrontare tra loro: le proporzioni rispettive di lavoratori che sono e che non sono “colpiti” dall’asserita disparità di trattamento all’interno della manodopera di sesso maschile (rientrante nel campo di applicazione della disposizione) e le medesime proporzioni nell’ambito della mano d’opera femminile (Corte di Giustizia, sent. 24.9.2020 in causa C 223/2019 YS, punto 52; sent. 3 ottobre 2019 cit., punto 47; sent. 8 maggio 2019 cit., punto 39).” (Cass. Sez. Lav., 29 luglio 2021, n. 21801).
11.3. La nozione di discriminazione indiretta, dunque, non si fonda tanto sul trattamento, che di fatto rimane uguale, ma sugli effetti, discriminatori sul piano oggettivo, nei confronti dei soggetti destinatari del trattamento.
11.4. In caso di effetto discriminatorio spetta al datore di lavoro provare la sussistenza della causa di giustificazione prevista dal d.lgs. n. 198 del 2006, art. 25, comma 2, ovvero: che la disposizione adottata riguarda requisiti essenziali allo svolgimento della attività lavorativa; che essa risponda ad un obiettivo legittimo; che i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano stati appropriati e necessari. Per come chiarito dalla giurisprudenza in analoga questione “26. A tale riguardo, l’esperienza di servizio costituisce un requisito essenziale per il riconoscimento della progressione economica, …. Dunque, l’obiettivo di apprezzare in misura puntale l’esperienza di servizio è in sè legittimo. Occorre, tuttavia, rammentare, in relazione al giudizio di adeguatezza e necessità dei mezzi impiegati, che, come risulta da giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, “l’affermazione secondo la quale sussiste un nesso particolare tra la durata di un’attività professionale e l’acquisizione di un certoivello di conoscenze o di esperienze non consente di elaborare criteri oggettivi ed estranei ad ogni discriminazione. Infatti, sebbene l’anzianità vada di pari passo con l’esperienza, l’obiettività di un siffatto criterio dipende dal complesso delle circostanze del caso concreto, segnatamente dalla relazione tra la natura della funzione esercitata e l’esperienza che l’esercizio di questa funzione apporta a un certo numero di ore di lavoro effettuate” (in termini: Corte di Giustizia, sent. 3 ottobre 2019 cit., punto 39). 28. Il giudice del merito, nell’ipotesi di accertato “effetto discriminatorio”, dovrà dunque valutare se nel contesto specifico degli impieghi interessati dalla disposizione ed, in particolare, delle mansioni svolte dalla parte ricorrente, esista o meno un nesso tra l’esperienza acquisita con l’esercizio della funzione ed il numero delle ore di lavoro svolte (Corte di Giustizia, sent. Da ultimo citata, punto 40 e punto 50), con onere della prova a carico dell’INPS” (cfr. Cass. Civ. Sez. lavoro, 29/07/2021, n. 21801).
Ancora sul punto va richiamata ulteriore recente giurisprudenza secondo la quale “…l’attore deve fornire elementi fattuali che, anche se privi delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, devono rendere plausibile l’esistenza della discriminazione, pur lasciando comunque un margine di incertezza in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi della fattispecie discriminatoria; il rischio della permanenza dell’incertezza grava sul convenuto, tenuto a provare l’insussistenza della discriminazione una volta che siano state dimostrate le circostanze di fatto idonee a lasciarla desumere (cfr. Cass. civ. Sez. III, Sentenza, 28/03/2022, n. 9870).
12. Applicando le coordinate ermeneutiche al caso di specie, il Collegio rileva: – che il criterio introdotto dal bando di gara, per il quale “i servizi con orario ridotto (part-time) saranno calcolati in proporzione all’orario di servizio prestato” risulta apparentemente neutro, non emergendo, dalla sola piana lettura di esso, alcuna discriminazione a carico di determinate categorie di lavoratori;
– che tuttavia, come visto, onde poter valutare l’esistenza di una discriminazione indiretta, è necessario compiere una valutazione degli effetti che tale criterio selettivo determina in concreto;
– che il predetto criterio ha come destinatari dei suoi effetti i partecipanti alla selezione, pertanto, in primo luogo dovranno verificarsi i risvolti effettivi della clausola del bando su questi ultimi;
– che sin dal ricorso introduttivo e con maggior precisione dopo aver ottenuto i dati afferenti alla selezione, la ricorrente ha allegato che: a. hanno partecipato alla selezione 148 lavoratrici di sesso femminile, di cui 68 in servizio part time; b. hanno partecipato alla selezione 87 lavoratori di sesso maschile, di cui 10 in servizio part time;
– che conseguentemente la previsione del bando impugnata ha inciso, o meglio, svantaggiato, le dipendenti donne nella percentuale del 45,9%, mentre ha colpito i dipendenti di sesso maschile nella percentuale dell’11,49 %;
– che i dati statistici mostrano che la previsione impugnata produce un effetto di svantaggio molto più rilevante nei confronti delle dipendenti di sesso femminile, rispetto a quello che genera nei confronti dei lavoratori uomini;
– che dunque, il criterio selettivo introdotto dal Comune di Milano, apparentemente neutro, è in realtà fonte di discriminazione indiretta, tenuto conto dei dati statistici riportati in giudizio, e considerato che essi, a propria volta, riflettono un dato sociologico di comune esperienza, vale a dire la maggior propensione della donna al part time, al fine di conciliare attività lavorativa e incombenze familiari.
13. Per completezza d’indagine, il Collegio ritiene opportuno procedere anche a una breve analisi delle difese svolte dal Comune.
14. A tal fine è necessario premettere che la discriminazione di genere indiretta si realizza quando, per effetto dell’atto o della condotta in apparenza neutri, è dimostrato che la parte, ricorrente nel processo ove tale discriminazione è denunciata, abbia subito un pregiudizio, conseguente alla sua appartenenza all’uno o all’altro sesso. Ciò che va apprezzato nella presente causa, pertanto (in linea con la naturale vocazione del giudizio amministrativo a pronunciare sulla sussistenza, o no, di una lesione illegittima alla posizione giuridica azionata dalla parte ricorrente), non è il generale impatto della condotta discriminatoria sui partecipanti alla procedura (una volta acclarato che essa sia tale, e abbia perciò colpito un genere assai più che l’altro), ma la circostanza che ne sia stata illegittimamente pregiudicata la ricorrente.
È quindi ben possibile che, a seconda delle peculiarità di ciascuna fattispecie, la discriminazione indiretta non arrechi il medesimo danno a tutti coloro che la subiscono, o anche che taluni degli appartenenti alla categoria colpita sfuggano agli effetti della condotta illegittima, o persino ne traggano vantaggio. Ciò vale, nel caso di procedure concorsuali, per coloro che, pur appartenendo al genere svantaggiato da una clausola del bando, ugualmente si siano sottratti all’applicazione di essa, omettendo di porsi nella condizione che tale clausola disciplina. Nel caso di specie, ad esempio, è ovvio che le lavoratrici che non abbiano usufruito del part-time, o ne abbiano usufruito per periodi significativamente inferiori a quello della ricorrente, non ottengano benefici da un’eventuale pronuncia di accoglimento del ricorso fondata sulla illegittimità della previsione di riparametrazione, ed anzi ne possano venire danneggiate. Ciò non significa, tuttavia, che la discriminazione non vi sia stata, ma, più semplicemente, che essa ha operato selettivamente nei soli confronti di chi ha legittimamente scelto di aderire alla condotta (nel caso di specie, l’opzione per il part-time) che, sulla base delle risultanze statistiche, ha connotato, anche tra i partecipanti alla odierna procedura concorsuale e in aderenza al dato di esperienza, in misura decisamente più marcata il genere femminile che quello maschile.
15. Calando tali presupposti logici al caso concreto, ne deriva la fallacia dell’argomento dell’Amministrazione resistente, secondo il quale il criterio selettivo del riproporzionamento ha determinato effetti negativi nei confronti della ricorrente esclusivamente in ragione della lunga durata del servizio reso in part time dalla stessa, né merita apprezzamento l’affermazione del Comune per cui “applicando il criterio dell’equivalenza tra persona in servizio a tempo pieno e personale in servizio a tempo parziale, le stesse sig.re -OMISSIS-,- OMISSIS- e-OMISSIS- (le ultime due con risultati superiori alla -OMISSIS-) sarebbero state, in modo del tutto irragionevole ed ingiustificato, discriminate e pregiudicate (disparità di trattamento), essendo superate in graduatoria dalla sig.ra -OMISSIS- che, nel periodo di 20 anni considerato, ha maturato una minor esperienza di servizio”.
16. Il Collegio osserva, infine, che non è illegittima una condotta che incida su una percentuale significativamente più elevata di lavori di un dato sesso rispetto all’altro, se essa corrisponde alla necessità di assicurare “requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa” e “purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari” (art. 25, comma 2 richiamato). Sul punto, si è già aderito alla giurisprudenza, sopra richiamata, che, una volta dimostrata in causa l’oggettiva discriminazione, attribuisce al datore di lavoro l’onere di provare che essa è purtuttavia giustificata. A tal fine, il Tribunale ha invano sollecitato il Comune, con l’ordinanza cautelare sopra citata, ad argomentare a tal proposito, fermo restando che, a tal fine, non è certamente sufficiente limitarsi alla tautologia per la quale a maggiori ore lavorate corrisponde maggiore attitudine alla progressione in carriera, posto che tale argomento, a fronte di una acclarata discriminazione indiretta di genere, non vale a cogliere le peculiarità della fattispecie concreta che giustificherebbero la condotta nel caso concreto, ed anzi la renderebbero “necessaria”.
Ciò nonostante, il Comune non ha provato in causa il nesso specifico che intercorre tra la capacità di assolvere alle funzioni superiori e l’aver prestato il servizio a tempo pieno, per come previsto nell’ambito della procedura. Infatti, l’amministrazione resistente non ha prodotto né allegato alcuna circostanza specifica in grado di dimostrare una connessione tra lo svolgimento dell’attività in servizio a tempo pieno e un maggior sviluppo dell’esperienza di servizio utile ad essere valutata ai fini della procedura concorsuale, rispetto allo svolgimento dell’attività a tempo parziale, tenuto conto della natura dei compiti affidati ai lavoratori inquadrabili, se vincitori del concorso, in “categoria C, posizione economica 1, profilo istruttore dei servizi amministrativi –contabili”.
17. Piuttosto, appare ragionevole e coerente con la ratio della disciplina della progressione verticale, e alla luce di tali mansioni, ritenere che il “concetto di esperienza di servizio rimanda alla acquisizione di competenze non legate puramente e semplicemente alla quantità di ore lavorate ma alle questioni e vicende affrontate nel corso del servizio continuativamente svolto, tanto che l’unità di misura utilizzata in concreto per la valutazione di tale esperienza è l’anno e non certo il dato orario” (Corte d’Appello Napoli, 27 aprile 2020, n. 1266).
18. Condivisibilmente con le ragioni affermate dalla ricorrente è evidente che il livello di conoscenza, competenza ed esperienza acquisito dalla stessa con l’esperienza lavorativa e tenuto conto delle modalità di svolgimento dell’orario di lavoro effettivamente svolto, costituisca una qualità che non dovrebbe considerarsi inficiata dalla svolgimento di identiche mansioni per un tempo inferiore al tempo pieno, per cui la riproporzionabilità al ribasso dell’esperienza professionale maturata pone ingiustificatamente in una posizione di svantaggio i dipendenti part time rispetto alle progressioni di carriera, con effetti discriminatori illegittimi.
Le argomentazioni sopra esposte portano, in conclusione, all’accoglimento della prima censura formulata con il proposto ricorso.
19. Infine, infondata risulta la terza censura tenuto conto del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la mancata indicazione, nell’atto impugnato, del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere non rende illegittimo l’atto rappresentando una mera irregolarità che consente tutt’al più una remissione in termini per impugnare l’atto medesimo se la dedotta omessa comunicazione ha effettivamente prodotto incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili dall’interessato (cfr. Cons. Stato sez. VI, n. 8889 del- OMISSIS- dicembre 2019). 20. In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati nella parte in cui prevedono che il punteggio previsto per l’esperienza maturata sia riproporzionato in relazione al servizio svolto a tempo parziale, e quindi con annullamento della graduatoria; esula dalla giurisdizione amministrativa pronunciarsi sui contratti di lavoro già stipulati rispetto ai quali è quindi dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in favore del Giudice Ordinario, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute e fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda a condizione che il processo venga riproposto innanzi al Giudice indicato entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione (art. 11 c.p.a.).
21. Infine, per quanto concerne la domanda di risarcimento, formulata in sede di ricorso introduttivo del giudizio la stessa è infondata, in quanto la ricorrente non ha provato l’esistenza di un danno né lo ha quantificato. Nella fattispecie, la ricorrente non fornisce alcun elemento in ordine alla sussistenza delle componenti del danno risarcibile, che devono essere dimostrate dalla parte che formula la domanda risarcitoria. Inoltre, sempre ai fini del richiesto risarcimento, va tenuto conto dell’esito del presente giudizio che conduce all’annullamento della graduatoria impugnata e che dovrà essere riformulata dall’amministrazione secondo le motivazioni di cui alla presente sentenza, attività che ragionevolmente porterà a realizzare le aspettative professionali della ricorrente la cui compromissione è stata posta a fondamento della pretesa risarcitoria.
22. Le spese di lite possono essere compensate tra le parti in ragione della particolarità della fattispecie e della parziale soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati per quanto di interesse della ricorrente e nei limiti di cui in motivazione. In merito all’impugnativa dei contratti di lavoro già stipulati è dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in favore del Giudice Ordinario, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute e fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda a condizione che il processo venga riproposto innanzi al Giudice indicato entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione (art. 11 c.p.a.).
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo-OMISSIS- giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone menzionate in sentenza.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Marco Bignami, Presidente
Fabrizio Fornataro, Consigliere
Anna Corrado, Consigliere, Estensore